Leggenda, capolavoro, meraviglia. Il rischio è di dover inventare nuovi termini per definire quel che è riuscito a fare Vincenzo Nibali al Giro d’Italia 2016. Il ciclista messinese – che si è piazzato sesto nella penultima tappa che da Guillestre portava, dopo 134 chilometri a Sant’Anna di Vinadio – è riuscito a staccare di un minuto e 36 secondi il colombiano Esteban Chaves. Un tempo che incredibilmente gli garantisce, a una tappa dal termine la vittoria della corsa. Un’impresa, quella del ciclista del team Astana, a dir poco improbabile fino a pochi giorni fa.
Per Nibali si tratta del secondo Giro d’Italia, ma di fatto del successo più clamoroso nella sua carriera per come è venuto. In queste settimane i commentatori si erano trovati a sentenziare sulla cattiva forma del messinese, con tanto di perplessità in merito alle possibilità di ottenere un risultato di prestigio alle imminenti Olimpiadi, mentre adesso bisognerà rivedere quanto detto fin qui.
Dopo il trionfo di ieri, nella tappa da Pinerolo a Risoul, con un attacco impetuoso sull’ultima salita, in pochi oggi avrebbero scommesso in una replica. Quella di 24 ore fa, infatti, sembrava essere il colpo di coda di un campione che non accettava di non lasciare almeno un segno nella competizione. Invece si è rivelato il preludio per un’impresa storica.
Domani, la tappa che porterà a Torino sarà a tutti gli effetti una passerella. Anche perché le sorprese – quelle più belle e insperate per i tifosi italiani – sembrano esserci già state tutte. «Senza gioco di squadra non sarei riuscito in questa impresa. Per me è stato un Giro logorante, anche perché partivo da favorito, con la testa di voler vincere – commenta l’atleta alla Rai – Non avevo né paura di perderlo né di vincerlo. Poi ad alta quota mi sono sentito bene, ho avito fiducia, ho accelerato a cinque o sei chilometri dalla vetta e sono andato a tutta fino all’arrivo».
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