Giarre, muore in cella dopo i ritardi dell’Asp «Sparti era malato e non idoneo al carcere»

Da mesi Nicola Sparti non dormiva nel suo letto. Ma seduto, con la testa appoggiata al tavolo della cella del carcere di Giarre dove viveva da quattro anni e dove è morto la notte del 25 aprile. Non poteva più sdraiarsi perché gli mancava l’ossigeno. L’elenco della patologie che affligevano il trentaquattrenne era più lungo di quello della sue fedina penale. Da una parte una condanna per rapina, a cui si aggiungevano pene minori, come quella per la violazione della sorveglianza speciale, che sommate insieme facevano 8 anni: sarebbe dovuto rimanere dietro le sbarre fino al 2019. Dall’altra i gravi malanni: obesità patologica morbigena – era altro un metro e 58 e pesava 143 chili -, scompenso cardiocircolatorio e metabolico, elevata ipertensione arteriosa, un iniziale diabete, insufficienza respiratoria accompagata da narcolessia, per cui aveva bisogno di un ventilatore meccanico. La diagnosi era stata fatta nel novembre del 2013 dal medico legale Edoardo Tusa, su incarico della famiglia del detenuto. «Quando visitai Sparti – spiega Tusa a Radio Radicale – il personale e i medici del carcere mi fecero subito notare la gravità delle sue condizioni, la stessa casa circondariale aveva fatto la richiesta di trasferimento all’ospedale Cannizzaro. Alla fine accertai l’assoluta incompatibilità con il regime carcerario».

Subito dopo l’avvocato di Sparti, Enzo Merlino, chiede la sostituzione della pena in detenzione domiciliare o nella sospensione momentanea della pena per curarsi. Il tribunale di sorveglianza di Catania fissa la prima udienza il 29 gennaio e incarica la sede di Giarre dell’Asp di individuare, entro il 26 marzo, la struttura riabilitativa più idonea per curare la patologia del detenuto. «Ma non avendo ricevuto alcuna comunicazione, il Tribunale è costretto a rinviare l’udienza al 30 aprile. Troppo tardi», spiega Merlino a Radio Radicale. C’è un nesso di causalità tra il ritardo dell’Asp e la morte di Sparti? «Non si può dire adesso, dall’autopsia (che si è svolta martedì ndr) si capiranno eventuali responsabilità di omissione», continua il legale.

Nicola Sparti era stato ricoverato già due volte: la prima nel dicembre del 2012 all’ospedale Garibaldi di Catania, la seconda lo scorso gennaio, quando era stato trasferito d’urgenza al Cannizzaro. In quest’ultima occasione era rimasto dieci giorni. «Stava meglio e aveva perso peso – precisa l’avvocato – Poi le cose sono peggiorate nuovamente, avrebbe avuto bisogno di un nuovo ricovero e successivamente di una struttura riabilitativa».

Quello che è certo, per stessa ammissione delle autorità sanitarie del carcere, è che la casa circondariale di Giarre non era adatta ad ospitare Sparti. Già nel 2011, la parlamentare dei Radicali Rita Bernardini, in un’interrogazione parlamentare a seguito di una visita a sorpresa, descriveva così la struttura: «Alla carenza di personale di polizia penitenziaria si affianca il mancato funzionamento dei dispositivi di videosorveglianza; la cinta muraria esterna si presenta scrostata e in fase di ristrutturazione; non c’è un’area verde attrezzata per lo svolgimento dei colloqui dei detenuti con i familiari minorenni; i detenuti lamentano disagi per la mancanza di acqua calda». La deputata chiedeva quindi cosa s’intendesse fare «per assicurare il diritto alla salute dei detenuti e per scongiurare eventi critici e/o drammatici causati dalla penuria di personale medico 24 ore su 24 e dall’assenza di strumentazioni di primo soccorso come il defribillatore».

I Radicali infine sottolineano la mancata nomina da oltre sette mesi del Garante dei detenuti per la Sicilia. «Fatto tanto più grave – scrivono – in quanto l’ufficio del Garante dipende direttamente dalla presidenza della regione Sicilia». E chiedono: «Perché Sparti si trovava ancora ristretto in carcere se i medici – come ha dichiarato il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria – avevano certificato per ben due volte che le sue condizioni di salute non erano compatibili con il regime carcerario?».

[Foto di Luca Rossato]


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Nicola Sparti è morto nella notte del 25 aprile. Soffriva di scompensi cardiocircolatorio e metabolico, ipertensione arteriosa, insufficienza respiratoria per cui necessitava di un ventilatore meccanico. Tutto dovuto all'obesità: era alto 1,58 metri e pesava 143 chili. Da mesi dormiva seduto per non soffocare. I medici avevano accertato l'incompatibilità col regime carcerario e per due volte era stato ricoverato in ospedale. Ma l'Asp, incaricata di trovare una struttura idonea dove curarlo, tardava a dare una risposta

Nicola Sparti è morto nella notte del 25 aprile. Soffriva di scompensi cardiocircolatorio e metabolico, ipertensione arteriosa, insufficienza respiratoria per cui necessitava di un ventilatore meccanico. Tutto dovuto all'obesità: era alto 1,58 metri e pesava 143 chili. Da mesi dormiva seduto per non soffocare. I medici avevano accertato l'incompatibilità col regime carcerario e per due volte era stato ricoverato in ospedale. Ma l'Asp, incaricata di trovare una struttura idonea dove curarlo, tardava a dare una risposta

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