Garibaldi, il reparto talassemia tra furti e disagi «Peppa Pig in tv aiuta a distrarre i piccoli pazienti»

Un polo tra i più importanti in Italia, il più grande della Sicilia, da quasi quattro mesi preso di mira da parte di ladri che hanno rubato televisioni e computer. È quanto accade da ottobre nel reparto talassemia dell’ospedale Garibaldi centro. «Sistematicamente, a ogni week end, troviamo la sorpresa», racconta un’infermiera. «Siamo partiti con il furto di un pc, poi altri tre in un colpo. Hanno cambiato le serrature, messo sensori, ma nonostante questo i furti si sono ripetuti». L’ultimo, senza successo, è stato sventato nella serata di domenica ed è terminato con l’arresto dei due autori. Ma nel corso del precedente assalto, nella notte tra il 29 e il 30 dicembre, è stato portato via l’ennesimo pc. In totale, un bottino di «circa 12 computer e tre televisori a uso della nostra utenza».

Nel centro catanese vengono seguiti circa 250 pazienti, provenienti dalla Sicilia orientale. La talassemia «è una malattia genetica trasmessa ereditariamente – spiega l’infermiera – Una patologia per la quale non c’è una guarigione, a meno di un trapianto di midollo». Molto diffusa nella zona mediterranea, comporta la necessità di sottoporsi costantemente a particolari trasfusioni di sangue. «È una malattia nuova, si possono tenere i malati in una situazione di vita pressoché normale, ma per avere una crescita sana servono frequenti trasfusioni. I pazienti sono sempre gli stessi, più che un reparto è una comunità». 

L’esigenza di avere dei personal computer sempre a disposizione non è legata soltanto al lavoro di segreteria. «Assieme ai dati sensibili e alle cartelle cliniche, li utilizziamo per delle simulazioni – continua l’infermiera – Nel momento in cui facciamo una trasfusione, il pc ci serve per calcolare l’intervallo di tempo e la quantità. Soprattutto per un bambino, non possiamo sapere a priori se l’unità di sangue sarà nociva, facciamo delle prove». E anche il televisore è uno strumento utile per il lavoro quotidiano del centro di talassemia. «Abbiamo una cinquantina di bambini in età scolare, una decina sotto i cinque anni: tenere fermo un paziente di un anno per circa un’ora, il tempo di durata media di una trasfusione, è un’impresa». E, prosegue scherzando, «magari si può pensare: “Meglio, così le infermiere non vedono più la televisione”. Ma non è così. Noi ci risparmiamo un’ora di Peppa Pig – sorride – ma per i bambini quella è l’unica maniera per restare tranquilli». 

Quanto accaduto negli ultimi mesi è un fatto per il quale né la dipendente né i vertici dell’azienda ospedaliera sono riusciti a darsi una spiegazione. «Ci hanno preso di mira», sospira. «I responsabili dell’ospedale sono venuti molte volte e ultimamente hanno messo anche dei sensori». La struttura «è un luogo che si presta a essere visitabile – analizza l’infermiera – Siamo chiusi sabato e domenica. Il reparto è di facile accesso dall’esterno: le finestre danno sulla strada e nei piani superiori ci sono due reparti, geriatria e medicina, molto frequentati. Nel nostro atrio è relativamente facile, per chi vuole, nascondersi e fare qualcosa». 

Dopo gli arresti di domenica «speriamo, finalmente, di poter lavorare in pace! Per noi è stato parecchio pesante agire in queste condizioni. Abbiamo lavorato con pc di emergenza, portati da casa. Il nostro è un lavoro vitale, dobbiamo sapere cosa facciamo in ogni momento». Senza contare che si lavora in un ambito, quello trasfusionale, per il quale il controllo di tutte le sacche in deposito è fondamentale. «Il fatto di dover segnare per ogni paziente il numero di sacche e la quantità di sangue è importante, a partire dal livello legale».


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