Pericolosamente variegati i reati legati all'ippica, dalle corse truccate ai driver minacciati, fino a quelli meno usuali e tutti made in Palermo. Come il laboratorio abusivo di stigghiola o gli uccelli usati per le intimidazioni, in stile Padrino di Francis Ford Coppola
Gare e uccisioni: la lunga scia di crimini contro gli animali «In città il più grande mercato abusivo di fauna selvatica»
«L’oggetto di questo studio non è altro che il male umano: violenze, uccisioni, massacri a danno di altre specie». Anche il rapporto che indaga il fenomeno della zoomafia dell’anno 2018 restituisce, come già quelli del passato, una fotografia piuttosto impietosa di Palermo, terreno ideale in cui Cosa nostra non riesce a fare a meno di infiltrarsi. Ne è un esempio emblematico la vicenda dell’ippodromo della Favorita. Il primo dato che emerge dal rapporto, infatti, è la conferma della capacità penetrante della criminalità organizzata in settori diversi e vari ma accomunati dal coinvolgimento di animali. Interessi che si intrecciano con le più tradizionali attività manipolatorie e pervasive come «la corruzione, la connivenza con apparati pubblici infedeli, il perturbare gli appalti, il controllo delle attività illegali sul territorio», citando il rapporto. Segnali di questo tipo arrivano da diversi filoni, come il traffico di cuccioli, la gestione dei canili, il controllo dei pascoli. Ma, si precisa più avanti, «quando parliamo di zoomafia non intendiamo la presenza o la regia di Cosa nostra dietro gli scenari descritti, piuttosto ci riferiamo ad atteggiamenti mafiosi, a condotte criminali che nascono dallo stesso background ideologico, dalla stessa visione violenta e prevaricatrice della vita».
Anche se, quando si parla di condotte zoocriminali, la tendenza fotografata dall’ultimo rapporto sembra essere quella di commettere i reati contro gli animali in maniera associata, in gruppo insomma. E spesso si tratta banalmente di più persone che agiscono contro gli animali per un puro elemento tecnico-pratico: le scommesse clandestine implicano da sé, ad esempio, un giro illecito che tira in ballo più persone. Così come il combattimenti tra cani o tra cani e cinghiali, la gestione dei canili, la vendita di animali imbalsamati. E il ventaglio di reati è spaventosamente variegato, ad oggi, tanto da «poter parlare di una vera e propria industria dello sfruttamento e della violenza». «Sotto questo aspetto, il sodalizio diventa il presupposto necessario per concretare il maltrattamento». L’affare principale, almeno per la criminalità organizzata (grande e piccola), rimane quello dei combattimenti: nel 2016 proprio a Palermo si giungeva in abbreviato alla condanna di tre persone e a multe che oscillavano tra i 50 e i 52mila euro. Un affare mandato all’aria da un normale controllo della stradale, che aveva portato alla luce l’allestimento di un vero e proprio ring allo Zen 2, ricavato da un’area recintata con all’interno reti di materassi e bancali, e un pit bull ancora sanguinante, lasciato agonizzare con ferite alla testa, alle orecchie e al collo.
Ma tra i reati storici, in un certo senso, si citano anche l’ippica clandestina, oltre a quella ufficiale. Un mondo, questo, fatto di allibratori, scommesse clandestine, gare truccate, doping, furti di cavalli, intimidazioni: «il malaffare che si esercita all’ombra degli ippodromi delle scuderie ha molte sfaccettature». A cominciare dalla gestione delle stesse corse, spesso influenzata da accordi occulti tra scuderie o driver o da atteggiamenti minatori verso i fantini. Alla Favorita «sono stati documentati decine di incontri fra allibratori abusivi e scommettitori che pochi minuti prima dell’inizio delle corse in molti casi, anziché effettuare le puntate negli sportelli abilitati, si rivolgevano al mercato clandestino delle scommesse attirate dalle quote più alte nei casi di eventuale vincita». Solo nel 2017 ben 66 cavalli che avevano gareggiato in tutta Italia sono stati trovati con sostanze vietate in circolo nel corpo, dalla caffeina al testosterone. Ma il connubio tra criminalità e cavalli valica anche le recinzioni, ormai chiude da tempo, dell’ippodromo palermitano. Per piombare direttamente in strada. La più battuta è via Ernesto Basile dove, ad esempio, all’alba del 5 marzo di due anni fa due calessi si sono sfidati lungo la via che costeggia l’università, impedendo addirittura l’accesso alle auto con la presenza di centinaia di scooter.
Un’altra piaga che Palermo non si fa mancare è quella dei canili abusivi, allestiti in modo tale da non dare nell’occhio, come quello all’interno dell’ex Chimica Arenella, in passato un vero e proprio lager in cui gli animali stavano rinchiusi dentro vecchie stanze fatiscenti spesso interrate, dalle finestre bloccate per impedire loro non solo di scappare ma anche ai curiosi di guardare dentro. Ma il primato, tutto palermitano, è quello dei mercati abusivi di fauna selvatica. Il più grande d’Italia, secondo il rapporto, sarebbe proprio quello di Ballarò, «uno sfregio alla legalità e alla giustizia». Ogni domenica centinaia di uccelli protetti vengono venduti alla luce del sole. Il primo intervento repressivo si colloca nel 2017, col sequestro di 300 uccelli, liberati poi al parco della Favorita. Come i 400 cardellini esposti a Ballarò ma rinchiusi in reti e gabbie a Misilmeri. Ma tra le specie protette sfilano per il mercato rionale, e in grandi quantità, anche verzellini e verdoni. Nella conta dei reati non manca neppure il malaffare negli allevamenti. A Pioppo, ad esempio, sono stati trovati dieci suini e un bovino privi di marchio identificativo, mentre in una stalla attigua se ne stava ben conservato l’occorrente per la macellazione clandestina. Non è un caso che insieme agli animali imprigionati siano state ritrovate anche evidenti tracce di sangue e ossa. Ma in fatto di campagne e terreni, «si celerebbe quasi sempre la criminalità organizzata dietro la distruzione di interi campi di coltivazione, l’imposizione di mezzi di trasporto, la macellazione clandestina e le estorsioni ai danni di imprenditori agricoli».
Dalle campagne si passa al mare. Anche quest’ultimo è spesso teatro degli affari illeciti. Soprattutto di quelli intessuti da Cosa nostra e dalle famiglie storicamente più violente e aggressive, quelle del mandamento di Porta Nuova e San Lorenzo. «Non dimentichiamo che alcuni appartenenti all’organizzazione mafiosa palermitana, chi per lungo corso di attività, chi per discendenza, traggono la propria esperienza operativa proprio nelle attività del mare, solo per ricordare la gestione criminale dei Cantieri navali di Palermo oggetto di importanti e storici processi – recita il rapporto -. Certo è che una delle opportunità di reimpiego criminale potrebbe essere il controllo del prodotto ittico». Prodotto spesso venduto in maniera non tracciabile o vivo. Nella lista di reati affrontati dal rapporto 2018 ci sono anche le cosiddette sofisticazioni alimentari, che ha portato ad esempio a scoprire l’esistenza di una società di distribuzione alimentare che a Palermo imponeva ai bar le forniture di bibite, pollerie, pizzerie e altri prodotti: «affari che i boss palermitani gestivano dal carcere da anni, tramite prestanome» e il cui smantellamento ha portato a un sequestro di beni per circa un milione e 600mila euro a boss e gregari di Cosa nostra. E non si può non citare anche il caso del laboratorio abusivo di stigghiola a Borgo Nuovo, dedito alla preparazione e alla distribuzione delle frattaglie, allacciato illegalmente alla rete elettrica pubblica.
Ma a Palermo gli animali possono diventare anche oggetto ideale per intimidire. Come l’uccello decapitato fatto ritrovare all’interno del cortile d’ingresso della scuola Falcone allo Zen, a due giorni di distanza da un raid che aveva distrutto il busto raffigurante il magistrato ucciso nel ’92. Nelle oltre cento pagine del rapporto c’è spazio anche per i casi di frode, evasione e mazzette varie, da cui Palermo non è affatto esente.