«Al di là degli annunci servirebbe intervenire nel concreto». Le polemiche sollevate dall’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono giungono fino al capoluogo siciliano, attraverso la risposta un po’ stizzita di Francesco Foti, segretario Fiom Cgil Palermo. Dal palco della conferenza organizzativa della Cisl, qualche giorno fa Bono ha affermato che «nei prossimi due/tre anni avremo bisogno di cinque/seimila lavoratori, ma non so dove andarli a trovare. Abbiamo lavoro per 10 anni, cresciamo a un ritmo del 10 per l’anno, ma sembra che i giovani abbiano perso la voglia di lavorare». Dichiarazioni che hanno fatto discutere, come sempre avviene quando un imprenditore o un manager annuncia (di solito sempre d’estate) una presunta offerta di lavoro che non viene recepita.
D’altra parte Bono ha parlato di 1600 euro per lavoratori come saldatori e carpentieri, omettendo però di specificare che quello è lo stipendio lordo – che, al netto delle tasse, si tramuta in 1100/1200 euro per quello che rimane uno dei lavori più usuranti in circolazione. «Se uno invece si accontenta di fare il rider a 500/600 euro» è stata la chiosa dell’amministratore delegato, collegando in realtà mansioni molto differenti tra loro e che, nel caso di saldatori e carpentieri, richiedono comunque corsi di formazione (spesso a carico degli stessi lavoratori). Condizioni lavorative diffuse, certamente, e comunque migliori di altri contesti, ma che almeno aiutano a contestualizzare i consueti annunci di mirabolanti offerte di lavoro che il popolo tenderebbe a rifiutare. Non è un caso, dunque, che alle provocazioni dei vertici risponda Roberto D’Andrea, coordinatore nazionale Fincantieri per la Fiom Cgil.
«In questi anni, grazie anche al rilancio produttivo dell’azienda, si sono formati migliaia di lavoratori che operano in appalto e in subappalto per Fincantieri, spesso con condizioni nettamente inferiori ai 1600 euro promessi dall’amministratore delegato Giuseppe Bono – osserva il sindacalista – Per rispondere alla richiesta di personale comunicata dall’ad Bono si può attingere, in primo luogo, a questo enorme bacino già professionalizzato. Inoltre a livello locale le organizzazioni sindacali hanno già verificato la possibilità di dar vita a politiche attive del lavoro in grado di mettere allo stesso tavolo l’azienda, le scuole di formazione professionale, gli enti locali e tutti i soggetti interessati. I lavoratori degli appalti e dei subappalti sono sicuramente pronti a passare alle dirette dipendenze di Fincantieri e soddisfare l’esigenza di manodopera. È per questo che chiediamo, al di là delle dichiarazioni a mezzo stampa, di aprire un tavolo di confronto».
Ma nello specifico qual è la situazione del sito palermitano? «Siamo in attesa che il ministro Luigi Di Maio concretizzi il progetto del bacino da 150mila tonnellate – ricorda Francesco Foti, segretario Fiom Cgil Palermo – Lui è venuto a novembre, ha incontrato i rappresentanti sindacali e ci aveva detto che entro dicembre ci avrebbe convocato in prefettura, congiuntamente al Comune di Palermo, all’autorità portuale e alla Regione Siciliana, per definire l’accordo di programma. Ad oggi, a distanza di otto mesi da quell’incontro, sappiamo solo che il Mise ha finanziato il progetto di rilancio per 75 milioni di euro, stando almeno a quanto dichiarato. Ma manca tutto il resto. Sui carichi di lavoro noi abbiamo una visione a tre anni, con un milione di ore l’anno che Fincantieri ci ha dato, tra costruzioni di pezzi di nave (sezioni, sbarre e tronconi che poi verranno assemblati nei siti del Nord) e trasformazioni di nave. L’obiettivo resta di costruire le navi intere a Palermo, come negli altri cantieri».
Foti infatti fa notare che ciò darebbe ulteriore slancio al sito del capoluogo siciliano, che attualmente vede impiegati – tra lavoratori diretti Fincantieri (circa 430) e indotto (circa 1500) – poco meno di duemila persone. «A Monfalcone ogni giorno entrano 10mila addetti, a Marghera 7mila, a Genova 6mila – è la sua osservazione – Noi vogliamo essere uguali agli altri. Invece il lavoro a Palermo da troppo tempo è come una sinusoide: arriva una nave, si trasforma in 60 giorni, e poi siamo nuovamente allo scarico. Dall’altro lato la Regione Siciliana, e nello specifico il presidente Nello Musumeci e l’assessore alle Attività Produttive Mimmo Turano, hanno pronto il progetto di rifacimento degli altri bacini, per un investimento da 40 milioni di euro. Ma da settembre 2018 non ci hanno dato più risposte».
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