Fertility day, i dati sulle nascite e la fecondità in Sicilia Istat: «Calo colpa delle difficoltà lavorative e abitative»

Il 22 settembre si terrà il Fertility day, giornata dedicata a «richiamare l’attenzione di tutta l’opinione pubblica sul tema della fertilità e della sua protezione». L’iniziativa, voluta dal ministero della Salute, si svolgerà in quattro città italiane: Roma, Bologna, Padova e Catania. È prevista una serie di dibattiti e tavole rotonde in cui si intende mettere a fuoco: il pericolo della denatalità nel nostro Paese, la bellezza della maternità e paternità, il rischio delle malattie che impediscono di diventare genitori, l’aiuto della medicina per le donne e per gli uomini che non riescono ad avere bambini. Un’iniziativa che nelle ultime ore, specialmente sui social network, ha ricevuto molte critiche, a causa della campagna di comunicazione avviata con slogan come «Datti una mossa, non aspettare la cicogna» e «La bellezza non ha età, la fertilità sì». Ritenuti denigratori nei confronti delle donne e specchio di un’intromissione nella vita privata delle cittadine e dei cittadini. Specie a fronte della mancata menzione dei motivi sociali e lavorativi che porterebbero le coppie a non mettere al mondo figli.

Ma qual è la situazione in Sicilia? Nel suo ultimo rapporto demografico, l’Istat denuncia un calo costante, a partire dal 2010, del tasso di fecondità delle donne italiane, in maniera costante: da Nord a Sud, con qualche rara eccezione, come il Trentino Alto Adige. In Italia nel 2015 il numero medio di figli per donna è sceso a 1,35. E la Sicilia fa ancora peggio, con 1,33. L’Istituto nazionale di statistica sottolinea che «negli ultimi cinque anni il protrarsi degli effetti sociali della crisi economica ha innescato una nuova fase di diminuzione della fecondità di periodo. Così come per le aziende produttive la mancanza di aspettative positive costituisce un freno agli investimenti, così le difficoltà (soprattutto lavorative e abitative) oggi incontrate dalle giovani coppie rallentano la progettualità genitoriale». 

Allo stesso tempo si accompagna la scelta di rinviare sempre più in là il momento in cui avere figli. L’età media delle madri al parto, nel 2015, è salita a 31,6 anni contro i 31,5 del 2014 (31,3 nel 2010). Ma sono le donne straniere a tenere più basso il dato: tra loro l’età media del parto è di 28,7 anni, tra le sole italiane sale a 32,2. In Sicilia l’età media è di 30,9 anni, e anche in questo caso le cittadine straniere partoriscono prima (27,7 anni), le italiane in media a 31,1 anni. Tornando al quadro nazionale il Trentino-Alto Adige (con 1,64 figli per donna nel 2015) si conferma la regione più prolifica del Paese, seguita piuttosto a distanza dalla Lombardia (1,44) e dall’Emilia-Romagna (1,43). In generale, il Nord presenta una fecondità superiore (1,41) a quella del Centro (1,33) e del Mezzogiorno (1,29). 

Ma le differenze si annullano se si prendono in considerazione solo le donne italiane. «Le differenze territoriali – spiega l’Istat – sono spiegate in larga misura dal diverso contributo delle donne straniere, che al Nord è di gran lunga più rilevante, perché maturato sia da una maggiore presenza nel territorio sia da una più alta propensione riproduttiva». In generale si sottolinea, ancora una volta, che sono «le difficoltà economiche, cui si accompagna un generale senso di precarietà in molti strati della società, ad agire nel verso di un’accentuazione della posticipazione delle nascite e, quando ciò avviene, il numero medio di figli per donna tende ad abbassarsi». Nel 2015 l’Italia ha registrato il nuovo minimo storico di nascite dall’Unità: sono state 488mila (tasso di natalità 8 per mille residenti), quindicimila in meno rispetto al 2014. In Sicilia il dato è di poco superiore: 8,5 nati per mille residenti, in calo di due punti rispetto al 2014. 

Salvo Catalano

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