Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne l'avvertimento di Loredana Piazza, del centro Thamaia, è chiaro: «Può accadere a chiunque». E a Catania sta per partire Teseo, un progetto che mette al centro gli autori di gesti violenti. «Per prevenire serve educare»
Femminicidio, le due facce della stessa battaglia «Percorso con gli uomini, la violenza è una scelta»
«Anche se siamo nel 2015, paradossalmente stiamo andando indietro rispetto alle generazioni di 30-40 anni fa. Le donne sembrano non avere più voglia di riscatto e la parità, intesa come rispetto, sembra venire meno». Loredana Piazza è la presidente del centro antiviolenza Thamaia, uno dei nodi della Rete distrettuale che a Catania coinvolge anche associazioni, ospedali e forze dell’ordine. Nel giorno in cui si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne il messaggio è chiaro: «Sono dinamiche che possono colpire chiunque – avverte Piazza – Si fondano su un concetto di amore che non è tale, ma è in realtà possesso».
I casi di cronaca con protagoniste che sembrano forti, preparate culturalmente oppure appoggiate dalle rispettive famiglie sono numerosi. Stefania Noce, la giovane vittima di femminicidio nel 2011 a Licodia Eubea, e Giordana Di Stefano, la ragazza accoltellata a morte il mese scorso a Nicolosi, ne sono due esempi. «Sembrano donne che non hanno problemi – dice Piazza – Ma non riescono a uscirne ugualmente. E non è una debolezza caratteriale». Perché, dall’altra parte, c’è una forte concezione culturale «secondo la quale una donna è un oggetto e se lei mi abbandona io, da uomo, non lo accetto». Se a questo si sommano questioni di dipendenza economica, diventa ancora più difficile riuscire ad affrancarsi dal rapporto.
«A fronte delle vittime, ci sono tantissime donne che subiscono ogni giorno violenza e sono ingabbiate in relazioni difficile dalle quali uscire – analizza Piazza – Magari c’è la speranza di riuscire a cambiare il compagno o, semplicemente, all’inizio della relazione la violenza non emerge». Non sono rari i casi in cui il comportamento violento «si manifesta con la frattura, quando il rapporto finisce». E aggiunge: «È vero che a volte i casi estremi non si possono prevedere. Ma non perché non ci fossero avvisaglie o perché scatta il raptus». Evento, quest’ultimo, che «si verifica raramente», tiene a precisare la presidente di Thamaia. Del resto, almeno nei casi più recenti legati al Catanese, il «raptus» è sempre stato smentito durante il processo. «Per ogni donna il cammino che intraprendiamo è differente – conclude – Insieme a lei si fa il percorso di fuoriuscita da rapporti di questo tipo».
«Finora l’approccio è stato concentrato sul femminile, sulla vittima. Noi vogliamo spostare l’attenzione sulla causa: l’uomo che compie violenza». Agnese Dini è psicologa e coordinatrice di un progetto ancora in fase sperimentale, Teseo, nato due anni fa all’interno del centro antiviolenza Thamaia e unico a seguire questa impostazione in Sicilia. «Teseo ha come fine la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere, ma con uno sguardo all’altra parte della medaglia, la parte maschile», precisa.
L’associazione sta affrontando una lunga fase di preparazione: «Ci stiamo formando in altri centri, a Firenze e Modena – racconta Dini – dal 2014 facciamo parte della rete antiviolenza distrettuale». Quello che l’associazione – formata da cinque professionisti che operano come volontari – spera di avviare è «un servizio di colloqui individuali e di gruppo e ha come obiettivo l’interruzione del comportamento violento, mettere in sicurezza la donna e, quando presente, il minore».
Un percorso che parte da alcuni elementi fondamentali: «L’assunzione della responsabilità da parte dell’uomo violento, una motivazione al cambiamento e un’ammissione del comportamento. E poi la consapevolezza delle proprie azioni – sottolinea la psicologa – perché la violenza è una scelta». Il processo passa anche per la decostruzione degli stereotipi. «Importante è il lavoro di sensibilizzazione – continua Agnese Dini – Vorremmo avviare un percorso di tipo culturale, perché dobbiamo riflette sul contesto nel quale ci troviamo. L’uomo deve cominciare a interrogarsi su se stesso e su questa società patriarcale, nella quale vige una forte diseguaglianza tra i generi».