Oltre 220 chilometri con un litro di combustibile. Non sono i numeri di una rubrica futuristica, ma le prestazioni che promette EtNa-ReVo, la vettura realizzata da un team di studenti catanesi e presentata a maggio alla Shell eco marathon di Londra. La competizione d’oltremanica, voluta dall’azienda Shell, ha messo a confronto, anche nella sua 33esima edizione, le vetture progettate per percorrere la maggiore distanza possibile con l’equivalente energetico di un litro di combustibile fossile. A lavorare al prototipo sono stati 15 studenti della facoltà di Ingegneria di Catania, entrati a far parte del team Eco hybrid Katane, e guidati dal professore ordinario di Macchine e sistemi energetici Rosario Lanzafame. «Il progetto ha coinvolto ogni ramo dell’ingegneria, perché gli obiettivi che ci siamo prefissati erano molteplici – spiega a MeridioNews Marco Cardillo, studente e componente della squadra -, dalla riduzione delle masse e degli attriti, all’ottimizzazione energetica».
L’idea è nata dall’impegno di due giovani allievi, Antonio Gurgone e Agatino Puglisi, che «stanchi di sentirne solo parlare – racconta lo studente del dipartimento di Ingegneria industriale – hanno deciso di tracciare le basi del progetto e nel 2016 hanno ottenuto il riconoscimento ufficiale dall’università di Catania e un finanziamento iniziale con l’assegnazione di un laboratorio». Il risultato, dopo poco più di un anno di lavoro, è stato EtNa-ReVo: «L’unica vettura ad aver partecipato al contest internazionale con un sistema di alimentazione ibrido-serie e con un powertrain full electric – continua il laureando -, con lo scopo di eliminare completamente la componente del motore a combustione interna ad accensione comandata». La macchina funziona così: «Abbiamo utilizzato come motore di trascinamento calettato un generatore elettrico trifase che converte l’energia cinetica in energia elettrica – spiega Cardillo -. Questa si accumula in una batteria di super capacitori, che alimentano il motore elettrico collegato alla trasmissione della coppia rotante alle ruote».
Come in ogni impresa non sono mancati i momenti di stop per i ragazzi. «Senza il supporto tecnico adeguato abbiamo riscontrato notevoli problemi sia con la progettazione che con la realizzazione delle componenti – sottolinea Cardillo -. Il bello di questo progetto è stato, però, avere la possibilità di sbagliare e correggere i nostri errori, e devo dire che il nostro essere siciliani ci ha aiutati tanto. Non siamo capaci di mollare. Il team ha dimostrato tenacia e ha lavorato anche 18 ore al giorno per riuscire nell’impresa». Durante i sette giorni del contest, la squadra etnea è riuscita a superare le undici prove previste per entrare in pista, ma il risultato si è rivelato per il team catanese solo un ottimo punto di partenza. «Purtroppo, durante la competizione, per un guasto impossibile da sistemare in gara, siamo stati costretti a ritirarci – racconta lo studente -. Per noi è stata la prima volta in cui ci siamo misurati in un contesto internazionale e il risultato ci ha ripagati, ma in questa competizione si vince soprattutto con l’esperienza e le risorse in gioco».
Insomma, neanche troppo tra le righe Marco Cardillo spiega che i finanziamenti non sono stati sufficienti. Oltre al fondo iniziale della direzione generale dell’università di Catania è stata avviata una campagna di sponsorizzazione che «purtroppo ha portato notevoli risultati solo da Roma in su – sottolinea -. Le grandi realtà siciliane e catanesi preferiscono investire in altro o non investire affatto». E per l’impegno in nuovi progetti, il futuro ingegnere chiarisce che «la passione, la volontà e lo spirito di sacrificio non mancano. Ma senza le risorse e l’affiancamento necessari, dubito che riusciremo a essere davvero concorrenziali», conclude Cardillo.
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