Una convocazione «urgente», da parte dell’assessore regionale alle Politiche sociali Antonio Scavone, rinviata a data da destinarsi perché all’orizzonte potrebbero esserci novità rilevanti. Oggi, intanto, un nuovo vertice, intorno alle 15, nella sede di Confindustria Catania. Il futuro dei lavoratori del sito Pfizer del capoluogo etneo resta appeso a un filo e continua a passare dai tavoli di confronto che si sono susseguiti nelle ultime due settimane. Anche perché di ufficiale c’è poco o nulla. L’azienda americana ha annunciato di volere investire circa 30 milioni di euro nei prossimi tre anni ma questo importo non scongiurerebbe una procedura di licenziamento che coinvolge 240 dipendenti, tra operai a tempo indeterminato e interinali. Unica alternativa ventilata è quella del trasferimento ad Ascoli Piceno dove l’azienda ha uno stabilimento specializzato in compresse orali. Nelle linee di produzione rientrerà, unico caso in Italia, la pillola anti-Covid-19 Paxlovid. «La proposta di trasferire i dipendenti da Catania alle Marche è sostanzialmente unilaterale che noi, come sindacati, non abbiamo mai sottoscritto», spiega a MeridioNews il segretario della Femca Cisl Giuseppe Coco.
I sindacati ormai da mesi chiedono a Pfizer un «progetto dettagliato riguardo al piano industriale». Gli esuberi annunciati potrebbero essere un primo segnale. «Una diminuzione della produzione potrebbe coincidere con un disimpegno nel territorio siciliano», continua Coco. La distanza tra azienda e sindacati per il momento resta siderale. A fare saltare il banco, dando il via agli esuberi, la perdita di una commessa dell’antibiotico Tazocin, che da Catania aveva il suo mercato principale in Cina con il 50 per cento dell’esportazione. La scorsa settimana i lavoratori si sono dati appuntamento sotto la sede dell’associazione degli industriali. Un sit-in in contemporanea all’incontro tra sindacati e azienda. Per la multinazionale, nota per la produzione del vaccino contro il Covid-19, era presente il responsabile delle Risorse umane Carmelo Fiorito. Quest’ultimo, secondo quanto trapelato al termine del vertice, avrebbe avanzato la possibilità del ricollocamento ad Ascoli Piceno. Un piano che coinvolgerebbe solo 50 lavoratori, su base volontaria, e con un incentivo economico una tantum per il trasferimento.
«Il problema – continua Coco – dovrà essere discusso con i vertici dell’azienda. La preoccupazione è il complessivo scenario dell’azienda. Che futuro hanno queste persone? Il prodotto andrà a decrescere negli anni, diminuiranno i volumi e per questo motivo chiediamo un piano industriale che non c’è». Gli investimenti annunciati, 27 milioni di euro, servirebbero infatti per una sorta di ordinaria amministrazione dello stabilimento. Nell’ultimo trimestre del 2021 la multinazionale ha avuto un fatturato pari a 24 miliardi di dollari e un profitto di 8,15 miliardi di dollari, poco più di 7 miliardi di euro. Numeri importanti legati alla fornitura del vaccino, sviluppato in collaborazione con l’azienda tedesca di biotecnologia Biontech. Un confronto con i vertici regionali in stand by, ma necessario se si vuole poi discutere la questione degli oltre 100 dipendenti catanesi a Roma, con un tavolo tra i componenti del ministero dello Sviluppo economico e i vertici di Pfizer. A quel punto non sarebbero più i vertici catanesi a interloquire con il governo nazionale, ma la questione coinvolgerebbe i vertici nazionali del marchio.
«Non sappiamo oggi cosa ci vorranno comunicare. Sette giorni fa la politica aveva chiesto un piano dettagliato all’azienda in maniera tale che si potesse avviare una interlocuzione proficua col ministero – fa notare Coco – Avevamo preso questa notizia come un passo avanti importante, ma a distanza di una settimana non abbiamo avuto risposte». Dall’assessorato nessuna novità, se non quella di un incontro rinviato. «Il nostro obiettivo è quello di prendere un po’ di tempo in più rispetto ai 75 giorni dopo i quali scatterà il licenziamento», come osserva il sindacalista. Prendere tempo per elaborare possibili strategie e, nel frattempo, sperare che la politica si prenda carico della questione. «Poter contare di margini ulteriori di tempo ci permetterebbe di affrontare meglio la questione – conclude Coco – Anche per chi resta, il posto di lavoro rischia di essere un’incognita. La storia di Pfizer a Catania è una questione madre, paradigmatica di come è la situazione siciliana delle aziende: non escludiamo l’ipotesi che quello che sta succedendo sia frutto di un disimpegno voluto, per quel che riguarda l’azienda catanese: per questo chiediamo un piano industriale a lunga gittata, con un’idea di sviluppo che permetta di far lavorare i dipendenti che ci sono e quelli che ci potranno essere in futuro».
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