«Il fascicolo di Francesco La Ferla non era vistato, ma credevo fosse solo una dimenticanza». Difende il suo operato, Grazia Bella, la dipendente (non imputata ndr) dell’Università di Catania inserita all’interno della segreteria della facoltà di Medicina e chirurgia. La donna è stata sentita dal gup Alessandro Ricciardolo nel ambito dell’udienza preliminare riguardante l’inchiesta sulla compravendita degli esami universitari che sarebbe avvenuta tra il 2010 e il 2013. La collaboratrice amministrativa, che attestò l’avvenuto superamento degli esami, secondo gli inquirenti, venne tratta in inganno. Stesso discorso per la commissione di laurea, che il 22 ottobre del 2013, determinò per lo studente la regolarità degli esami. Il giorno seguente, prima dell’invio della documentazione all’ufficio lauree, l’impiegata si accorse che al fascicolo mancava il visto. Una dimenticanza, secondo quanto riferito, che, dopo lo scandalo e l’inchiesta delle Fiamme gialle, pose diversi interrogativi su cosa sia successo all’interno di quell’ufficio. «Qualcuno – spiega – avrà inserito successivamente quel fascicolo».
Nell’elenco, stilato in aula, di coloro che avevano l’autorizzazione a poter accedere all’ufficio c’è anche Giovanbattista Caruso, finito tra gli indagati perché accusato di aver effettuato la registrazione on-line delle materie. Esami che, secondo gli inquirenti, non sono stati mai realmente sostenuti. «L’ufficio restava aperto – racconta la donna – non chiuso a chiave». Caruso, in passato, aveva respinto ogni contestazione ipotizzando il furto della password personale e la presenza nella segreteria di diverse postazioni da cui era possibile effettuare le registrazioni elettroniche.
I quattro hanno intanto già chiesto la possibilità dell’applicazione di un rito alternativo. I dipendenti dell’Università, Caruso e Giuseppe Sessa, dopo l’inchiesta finiti ai domiciliari, hanno avanzato tramite i propri avvocati l’applicazione del rito abbreviato. Per La Ferla e Daniele Fiore, i due studenti della facoltà di Medicina accusati di aver comprato gli esami, avevano già ammesso nella fase conclusive delle indagini le proprie responsabilità – una scelta che ha evitato l’applicazione della custodia cautelare in carcere – i legali hanno chiesto il patteggiamento. Lo scandalo del mercato delle materie, scoppiò proprio nell’ottobre 2013 dopo una denuncia anonima, firmata dagli Studenti di Medicina che arrivò sulla scrivania del rettore che dispose un’indagine interna e il successivo annullamento della laurea di La Ferla con la trasmissione degli atti agli inquirenti. Il falso dottore secondo la Procura di Catania avrebbe sborsato la somma di 2500 euro, corrisposta in pagamenti scaglionati da 250 – 300 euro ciascuno, per l’acquisto di 19 materie in realtà mai sostenute. Per Fiore viene contestato l’acquisto di una singola materia alla somma di 250 euro
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