Un affare da Prima repubbblica, con giochi di potere e spartizione di nomine. La nomina di Giuseppe Catania a presidente dell’Esa ha riportato l’attenzione sui criteri seguiti dal governo Musumeci nella selezione dei vertici degli enti sotto il controllo della Regione. Davanti al nome del 60enne palermitano, che nel 2001, agli albori dell’era cuffariana, diventò onorevole da primo dei non eletti, le opposizioni sono insorte: il Pd ha ricordato come Catania non sia neanche laureato, mentre il Movimento 5 stelle ha definito la scelta di Musumeci una nuova perla con evidente riferimento alle polemiche nate dopo la nomina dei presidenti dei parchi. Malumori che tuttavia, in sede di parere in commissione Affari istituzionali, non hanno portato a nulla: cinque sì e cinque no è stato il risultato della votazione. Con un’unica astenuta, Elena Pagana, ex cinquestelle passata ad Attiva Sicilia.
Ad attirare critiche nei confronti di Musumeci ci si sono messe le dichiarazioni che lo stesso presidente della Regione – sia nelle vesti di governatore che di esponente dell’opposizione ai tempi del governo Crocetta – ha rilasciato, nel corso degli anni, parlando dell’Ente di sviluppo agricolo. Musumeci in più di un’occasione lo ha definito un carozzone da chiudere e convertire a dipartimento. Posizione forte che si scontra con l’avere deciso di porre al vertice dell’Esa Catania, che è l’attuale presidente di Diventerà Bellissima oltre che il marito di Giusy Savarino, uno dei volti all’Ars del movimento di Musumeci.
Ma stando a quanto trapela da dietro le quinte, la scelta di Catania sarebbe da mettere in relazione con l’attuale struttura dell’Esa. Da un po’, infatti, l’organigramma è ricco di commissari ad acta nominati dalla Regione. È successo alla direzione generale, dove siede Nicolò Calderone, capo di gabinetto dell’assessore all’Agricoltura Edy Bandiera, e lo stesso è stato deciso, a fine maggio, per il consiglio d’amministrazione, dove sono stati chiamati il dirigente regionale Gaetano Aprile e il funzionario Antonino Sutera. Nel caso del cda le nomine sono arrivate dopo che l’assessorato ha dichiarato decaduti i referenti delle organizzazioni di categoria e del movimento cooperativo, Giosuè Catania e Calogero Sardo.
I due, stando al decreto firmato da Bandiera, hanno pagato la mancata approvazione del rendiconto generale del 2018 così come previsto da una legge regionale del 2017 che prevede che «gli organi di amministrazione degli organismi regionali che non adottano il rendiconto generale o il bilancio d’esercizio entro il 30 giugno dell’anno successivo decadono». Fin qui tutto lineare, se non fosse che quella del consiglio d’amministrazione, costituitosi nel 2017, era già stata una corsa all’approvazione dei bilanci arretrati. Corsa che improvvisamente si sarebbe interrotta quando all’orizzonte campeggiava lo striscione del traguardo.
Se a ciò poi si aggiungono le polemiche sorte all’interno dell’ente per l’iter, poi sospeso, che avrebbe dovuto portare alla selezione di un nuovo direttore generale, si capisce come l’Esa continui a suscitare interesse. «C’è chi dice che la carica di presidente sarebbe spettata a Diventerà Bellissima, mentre quella di direttore deve andare a Forza Italia», confida a MeridioNews uno di quelli che hanno avuto modo di guardare da dentro gli ingranaggi del carrozzone.
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