«Noi abbiamo bisogno del grano canadese, che le garantisco è di ottima qualità, perché quello siciliano non va bene». Una parte del contestatissimo carico arrivato il 30 luglio al porto di Pozzallo da Montreal era destinato anche al mulino dell’imprenditore che ha deciso di parlare a MeridioNews, per spiegare come mai un’impresa come la sua, legata da generazioni al territorio (quello della Sicilia sud orientale), decida di importare grano dal Paese nordamericano.
Il carico di oltre 19mila tonnellate, una volta arrivato al porto ibleo, è stato esaminato da tutti gli enti preposti. Dalle verifiche visive e dalle prime analisi di laboratorio non è emersa alcuna irregolarità, tanto che il grano ha proseguito il suo viaggio fino ai sette mulini che lo avevano ordinato: uno in provincia di Caltanissetta, uno nel Catanese, due nel Palermitano, due nel Ragusano e uno nel Siracusano. Il cereale resta comunque «sotto vincolo sanitario», quindi inutilizzabile fino a quando tutte le analisi non verranno completate.
«Quel grano non solo non è tossico, come qualcuno ha voluto far credere, ma è anche di alta qualità perché il valore proteico della granella è di 14,5 per cento. Un livello che il grano siciliano non raggiunge neanche lontanamente». L’imprenditore che ha scelto di raccontare a questa testata il suo punto di vista preferisce rimanere anonimo perché, dice, «le persone si fermano ai titoli della prima notizia, tutti sono e rimarranno convinti che quel carico sia nocivo, invece non è così. Ma il danno ormai è fatto».
Il riferimento alla percentuale di proteine è determinante. La qualità del grano duro dipende da molti fattori: il peso specifico, l’assenza di micotossine, il colore, la vitrosità. Ma affinché la pasta non scuocia l’elemento più importante è il livello delle proteine: più è alto, meglio è. E più costa la pasta. «Questo ci chiede il mercato – spiega il titolare del mulino – ma il grano siciliano da solo non riesce a rispondere a questa domanda: le leggi che regolano la produzione della semola prevedono un livello minimo proteico non inferiore all’11 per cento. In Sicilia, al netto di qualche piccola isola felice, quest’anno non ci si arriva, perché il grano viene coltivato male, non si investe sul trattamento dei terreni, sulla loro concimazione». Un terreno povero di azoto, fosforo, potassio, infatti, non permette di coltivare grano di qualità.
Tommaso Miceli dirige un pastificio a Valledolmo, nel Palermitano, nato per puntare soprattutto al grano siciliano. «È vero – spiega – quest’anno la Sicilia ha raccolto una quantità di grano proteico molto inferiore rispetto allo scorso anno. Noi, essendo una filiera corta e con la produzione limitata, siamo riusciti ad incamerare grano proteico raccolto nei terreni dei soci e dei nostri conferitori che seguono un piano colturale da noi consigliato». Ma secondo Miceli i grossi mulini siciliani e i commercianti, per sopperire a questa mancanza, «preferiscono acquistare grano canadese con proteine senza attenzionare gli altri fattori o sostanze chimiche che possono essere presenti. E poi – conclude – i livelli di fitotossicità tollerati dalle norme sono troppo alti».
Il nemico numero uno è il contestato diserbante glifosato, usato nei paesi più umidi come il Canada per la maturazione del cereale. «È vero – ammette il titolare del mulino della Sicilia sud orientale – l’uso che ne è stato fatto in Canada ha rappresentato un problema nel recente passato e l’allarme era giusto. Ma noi dei mulini, riuniti in associazione, abbiamo incontrato i rappresentanti dei produttori canadesi e abbiamo fatto presente questo problema. La campagna mediatica ci ha messo del suo e oggi non è più così. I controlli ci devono essere, ma ormai c’è una passerella politica su vicende del tutto naturali».
L’uomo precisa che non si tratta neanche di risparmio, anzi: l’ultimo carico di grano canadese sarebbe costato 270 euro a tonnellata, mentre quello siciliano sarebbe stato comprato a 240 euro. «Al di là delle mode – continua – posso dire che il grano siciliano è il migliore? No – risponde deciso -. Il grano può essere bellissimo, ma fuori norma per apporto proteico. Ecco perché siamo costretti a mischiarlo con quello extracomunitario, dal Canada o dalla Francia, o anche dalla Spagna. Dove fanno una doppia, anche tripla concimazione. In Sicilia non avviene, i terreni si lasciano poveri, solo a macchia di leopardo ci sono produttori che lavorano nella maniera giusta. Per il resto si vuole tutto dalla politica comunitaria europea, ma non si spende nulla sui terreni, la maggior parte dei produttori non programma, fa tutto a caso. Eppure – conclude – la domanda ci sarebbe visto che in Italia trasformiamo 5,6 milioni di tonnellate di grano all’anno, ma ne produciamo solo 4 milioni».
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