Coca cola. Caffè. Pizza. Gelato. Nomignoli rassicuranti che una banda di spacciatori di Catania e Troina, arrestata lo scorso settembre dai carabinieri, utilizzava per camuffare al telefono la parola «eroina». Quasi a indicare come questa sostanza derivata dalla morfina – dopo una fase di apparente oblìo – sia ritornata di tangibile attualità nella vita comune delle persone, nei comportamenti quotidiani. «L’eroina è ritornata sul mercato – spiega a MeridioNews Paolo Castorina, responsabile del Sert di via Valverde – secondo me per esigenze di variazione, perché il mercato della cocaina è saturo. Questo per lo spacciatore aggiunge un’opzione: il consumatore – aggiunge – è già abituato a usare una sostanza illegale come la coca». Nella prima metà del 2018, non soltanto a Catania città (anzi: non soltanto in Sicilia), magistratura e forze dell’ordine hanno sequestrato oltre 20 chili di eroina. Di questi, 17,5 chili sono stati individuati il 18 febbraio a Mozzate, in provincia di Como, dalla squadra mobile etnea e dai colleghi del posto. I 33 panetti sarebbero finiti nella maglia della movida catanese: sono stati trovati in casa di due 46enni albanesi che gli agenti catanesi tenevano d’occhio già da un pezzo. L’eroina è tornata, è questo il punto.
Tra le possibili spie d’allarme del fenomeno non ci sono soltanto i sequestri. «Da tre o quattro anni a questa parte – avverte Castorina – abbiamo cominciato a reclutare nuovi eroinomani. Questi sono tutti ragazzi, studenti. Non sono persone che vivono in strada, sono giovani integrati. Ne prendiamo quattro o cinque in più ogni anno. Pochi, certo, ma prima – per quasi due decenni – ne abbiamo presi zero». A fronte di questo, il Sert di Catania ha aiutato nel 2017 in totale 3775 persone, di cui solo 273 donne. La metà di questi sono eroinomani, il 30 per cento cocainomani e il rimanente 20 per cento è affetto da altre dipendenze, come la cannabis e l’alcol. Il dato degli eroinomani è composto soprattutto dal gruppo di tossicodipendenti storici degli anni ’90.
«Alcuni di loro oggi hanno 65/70 anni – specifica Castorina – fanno terapia sostitutiva e ogni tanto ritornano all’eroina. Catania è sempre stata una piazza in cui eroina ce n’era poca e niente. Nel periodo tra la metà degli anni ’90 e la metà dei 2000 sul mercato proprio non ce n’era, e i consumatori storici andavano in altre città: prima a Lentini, poi Messina. Poi, bruciate le piazze siciliane, ci fu il periodo di Scampia. Avevamo pazienti – ricorda il medico – che viaggiavano fino alla Campania, si approvvigionavano e poi tornavano. Da quel che ci raccontavano, lì c’era un centro di produzione. Infatti l’eroina non era sugar brown, veniva definita sintetica, era bianca, in bussolotti. Ed era molto forte. Ci sono stati anche dei casi di overdose, qui da noi mai mortali».
C’è poi un secondo ritorno, per le strade, nelle piazze: il crack. Assai diffuso nell’epoca dello sballo nichilista da ’77, anche questo derivato della cocaina sta ricominciando a circolare dopo decenni in cui era quasi scomparso. Basta dare un’occhiata ai mattinali delle forze dell’ordine. Secondo Castorina, le quantità immani di cocaina che girano in città fanno sì che ce ne sia abbastanza per cristallizzarne una parte. «A Catania siamo inondati di coca – precisa – che è termolabile, si inattiva con il calore. Se riscaldata con ammoniaca o bicarbonato si cristallizza. E questa cristallizzazione rende la molecola resistente al calore. Così puoi bruciarla e fumarla. Di solito si avvicina al crack – conclude Castorina – chi è già un consumatore abituale di cocaina». Il rumore della cristallizzazione, quasi uno scricchiolìo, dà giusto il nome alla sostanza.
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