DRESDEN DOLLS – YES, VIRGINIA

TRACKLIST:
1 Sex Changes
2 Backstabber
3 Modern Moonlight
4 My Alcoholic Friends
5 Delilah
6 Dirty Business
7 First Orgasm
8 Mrs. O
9 Shores Of California
10 Necessary Evil
11 Mandy Goes To Med School
12 Me And The Minibar
13 Sing

 

Dear Editor, I am 8 years old. Some of my little friends say there is no Santa Claus. Papa says, “If you see it in The Sun, it’s so.” Please tell me the truth, is there a Santa Claus? – Virginia O’Hanlon

Anche nel 1897, come al giorno d’oggi, gli interrogativi dei bambini riecheggiavano nelle orecchie degli adulti, testimonianza di una innocenza che si fa via via più rada col trascorrere degli anni ed il sopravvenire dell’amara disillusione. Il quesito in questione fu posto dalla piccola Virginia O’Hanlon, e l’interlocutore di turno era nientemeno che l’allora direttore del The Sun, noto quotidiano newyorkese.

La sognante e commossa risposta che il direttore volle dare alla bimba iniziava con un affettuoso “Yes, Virginia…”; è da questo episodio che prende spunto il titolo del secondo full lenght dei Dresden Dolls, duo bostoniano che, appena un paio di anni fa, con l’omonimo album d’esordio, aveva saputo stravolgere i canoni della musica contemporanea, mescolando post-punk e cabaret in una miscela più unica che rara. Elitari nella loro forma artistica, di nicchia prima che alternativi, con quel look da film muto e quei servizi fotografici filtrati dal color seppia, con un sound difficile al quale accostarsi accompagnato da esibizioni live che attraversano trasversalmente tutte le arti, le bambole di Dresda erano attese al varco: confermarsi sui livelli già raggiunti ma rimanere prigionieri di se stessi? O dare un tocco di orecchiabilità al proprio lavoro non tradendo però quelle linee conduttrici che ne hanno fatto uno dei fenomeni artistici del nuovo millennio?

Amanda Palmer e Brian Viglione hanno scelto la seconda opzione e così Yes, Virginia, a differenza dell’album d’esordio, risulta più uniforme nel suo incedere, soffre sensibilmente meno dei cali di tensione dovuti ad un impianto strumentale “orfano” della sei corde, e mostra anche una evoluzione nella stesura dei testi, qui più di stampo politico e sociale. Nel novero delle tredici tracce che compongono l’album, tutte di ottima fattura, si ergono a livelli d’eccellenza almeno cinque episodi: Modern Moonlight con quella nevrotica batteria jazzata che detta il ritmo di tutto il brano, la commediola My Alcoholic Friends con tanto di citazionismo “satanico” (”I’m taking back the number of the beast, cause 6 is not a pretty number”), Mrs. O che consta di una grandissima prova vocale da parte della Palmer, e Mandy Goes To Med School che sembra uscita direttamente dal copione di un musical. Ma la vera perla di “Yes, Virginia” è senza dubbio Delilah, commossa ballata che, nei suoi quasi sette minuti di durata, non fatica a meritarsi il riconoscimento. E allora yes, Dresden Dolls, siete promossi a pieni voti.

Emanuele Brunetto

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