La soglia del reddito Isee fissata a 25mila euro, e non personale, ma familiare. L’obbligo di scegliere tra il sussidio economico e i servizi. E quello di ridiscutere tutto ogni anno. Infine la moltiplicazione degli enti a cui rivolgersi. Sono questi i punti controversi della bozza di decreto con cui il governo Musumeci intende ridisegnare l’accesso agli interventi finanziari per i disabili gravissimi residenti in Sicilia e, ed è questa una delle novità positive, anche per quelli gravi. «Riconosciamo a questo governo un merito – spiega Giovanni Cupidi, disabile gravissimo e membro del comitato Siamo handicappati, no cretini – prendere in considerazione tutti i disabili e non più solo i gravissimi. Cioè in totale una platea di 40mila persone». Tuttavia, per le associazioni, i giudizi positivi, finiscono qui. «Meglio che la buttano a mare questa proposta perché non risolve i problemi e crea confusione», taglia corto Pippo Giardina, presidente di Anffas Sicilia (l’associazione famiglie con persone disabili).
La bozza di decreto, al vaglio della commissione competente, prevede che il fondo per la disabilità venga finanziato con dotazione annua, quindi sarà legato alle vicissitudini dell’annuale legge di stabilità. Ogni disabile dovrà presentare la dichiarazione Isee familiare (motivo che suscita le critiche delle associazioni che ricordano come «a livello nazionale si faccia riferimento all’Isee ristretto al singolo disabile, a meno che non sia sottoposto a tutela»). Se l’Isee del nucleo familiare supera i 25mila euro, il sussidio verrà ridotto del 30 per cento.
Altro passaggio cruciale del documento è l’obbligo di scelta per i gravissimi tra ricevere l’assegno e i servizi. «Inoltre – precisa Cupidi – se una persona non ha un caregiver familiare (cioè un parente di primo grado che lo aiuta quotidianamente ndr), non può accedere a un assegno ma solo ai servizi. Un approccio sbagliato e che si discosta dalla legge nazionale che prevede la complementarietà delle due cose. In Sicilia invece, se questa bozza diventasse legge, l’assegno escluderebbe ogni altro beneficio, tranne quelli sanitari che fanno parte dei Lea (i livelli essenziali di assistenza)». Questo significa che, ad esempio, chi opta per il sussidio economico non potrebbe ricevere assistenza domiciliare nell’ambito di un progetto comunale. Dal comitato, inoltre, sottolineano che qualora si dovesse arrivare a una scelta obbligatoria, sarebbe al momento una scelta «al buio». «Nessun disabile ha infatti un piano individualizzato, quindi non sa a quali servizi potrebbe avere diritto, e dall’altra parte il decreto non quantifica l’ammontare del sussidio (che finora è stato, per tutti, di 1.500 euro ndr)».
Secondo Giardina, di Anffas, «non si possono dare i sussidi e lavarsene le mani perché si può andare incontro anche a situazione di abusi da parte delle famiglie che, senza controlli sulla spesa, potrebbero anche usare questi soldi in maniera errata. Serve – precisa – un sistema di controlli e di rendicontazione». Piuttosto, «si devono mettere le famiglie nelle condizioni di scegliere l’ente accreditato migliore per offrire i servizi di cui si ha bisogno».
Si moltiplicano gli enti a cui presentare la domanda di accesso al fondo, in base al tipo di disabilità. I gravissimi dovranno far pervenire le istanze al Punto unico di accesso competente per territorio di residenza, o se questo fosse irraggiungibile, al Comune. «Ma i Pua non funzionano – attacca Giardina – e lo diciamo da tempo a gran voce: servono strutture uniche in cui le famiglie possano trovare sia il personale dell’Asp che quello dei servizi sociali, ed è necessario formare queste persone». I disabili gravi, invece, si dovrebbero rivolgere alle sedi del distretto socio sanitario di competenza per chiedere l’accesso all’assistenza sotto forma di Patto di servizio. Infine per i disabili psichici l’ente competente sarebbe il Comune. A questo si aggiunge che il Patto di cura per i disabili gravissimi e quello di servizio per i gravi dovrà essere rivisto ogni anno. «Questo combinato di cose – denuncia Cupidi – rischia di mandare le persone in tilt».
Il comitato Siamo handicappati, no cretini attende la convocazione in commissione per presentare le sue controproposte, intanto ha ricevuto un invito dall’assessore alla Salute Ruggero Razza. «Possiamo solo indicare buone pratiche – conclude Cupidi – non ci chiedano di fare sacrifici per far quadrare il bilancio. La mia impressione personale è che, con i paletti inseriti, si cerchi di diminuire la platea dei disabili gravissimi per trovare le risorse necessarie a sostenere anche quelli gravi».
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