Era soltanto primavera, ma il sole che baciava la Sicilia era già cocente. Era una mattina di maggio di appena quattro anni fa, nel 2012. Piazza Falcone e Borsellino, a Corleone, gremita di ragazzi, uomini, donne, studenti, bambini, anziani, accorsi per porgere l’ultimo saluto a Placido Rizzotto, 64 anni dopo il suo omicidio. Un’immagine che oggi ricordano in molti per le vie del paese e che certamente stride coi funerali in forma privata che aspettano Bernardo Provenzano, dopo la conferma del questore di Palermo, Guido Longo. A salutare Binnu ‘u tratturi, quando la salma sarà restituita alla famiglia dopo l’autopsia, saranno soltanto i parenti prossimi, ma non ci sarà alcuna cerimonia in chiesa.
La conferma arriva anche dall’Arcidiocesi di Monreale, dove il vice del vescovo Michele Pennisi, monsignor Antonino Dolce conferma che non ci saranno riti pubblici: «Se così hanno deciso le autorità pubbliche – sottolinea Dolce -, ci atterremo a quanto disposto dal questore». «Immagino che anche la tomba sarà anonima», commenta Calogero Parisi, presidente della cooperativa Lavoro e non solo, che dal 2000 gestisce beni confiscati alla mafia a Corleone e che anche questa estate ospiterà centinaia di giovani provenienti da tutta Italia per i campi estivi organizzati con Arci Sicilia. «È stato così per altri suoi colleghi – aggiunge -, penso, ad esempio, a Luciano Liggio. È giusto seppellirlo, ma sarebbe stato assurdo pensare a dei funerali qui a Corleone».
«Per noi non è giornata di lutto – commenta la sindaca, Lea Savona, che si trova in pellegrinaggio in Portogallo -, ma di liberazione rispetto a una delle troppe presenze ingombranti che hanno compromesso il nome di Corleone. Oggi un pezzo di storia è andato via». Inutile ogni commento secondo il predecessore di Savona, Nino Iannazzo, secondo cui si tratta di una «esperienza archiviata», che sul divieto di celebrazione dei funerali in forma pubblica sottolinea come si tratti di un provvedimento «ovvio, non se ne deve nemmeno discutere. Anche a Liggio i funerali furono vietati, come al boss di Roccamena morto qualche giorno fa. È una misura ormai rodata».
«Io sono stato contento quando lo hanno arrestato, oggi non c’è nulla di cui gioire, come fa qualcuno – sottolinea Dino Paternostro, responsabile legalità della Cgil Palermo -. Ha fatto bene il questore a mandare un segnale inequivocabile, è chiaro che uno come Provenzano non deve avere l’onore di funerale pubblico. A me piace ricordare il funerale solenne che abbiamo celebrato per Placido Rizzotto. Queste due immagini al confronto ci parlano di una battaglia culturale che possiamo dire di avere vinto: non era per niente scontato fino a venti anni fa, anche se non va commesso l’errore di credere che con la morte di Provenzano sia morta la mafia». «C’è chi festeggia e chi lo piange – aggiunge il segretario della Camera del Lavoro di Corleone, Cosimo Lo Sciuto -. La gente onesta deve chiedere verità e giustizia, l’unica consolazione è che sia morto al regime del 41bis, ma la strada per la verità è ancora lunga. Per questo oggi più di ieri chiediamo chiarezza: c’è un governo nazionale che non può più temporeggiare e che deve dirci se il Comune di Corleone verrà sciolto per mafia o meno, che faccia in fretta e ci liberi da questo limbo».
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