Conca d’Oro, i negozi costruiti su una necropoli? La Soprintendenza nega: «Le tombe sono altrove»

Centinaia. A tanto ammonterebbero le tombe visibili ancora oggi nel giardinetto con alberi e panchine che fa parte della settecentesca Villa Raffo, in via Bianchini. Storica residenza nobiliare a pochi metri dal centro commerciale Conca d’Oro allo Zen, nonché un giardino ancora oggi caratterizzato da particolarissime fosse verticali a “u”, ben individuabili dall’alto e segnalate, anni fa, anche alla Soprintendenza, che però non si è mai espressa in merito. «La strada è incassata in un banco roccioso in pietra di calcarenite. È in questo banco che si vedono delle “u” scavate artificialmente in perpendicolare. Dall’alto si capisce come questi rettangoli siano presumibilmente delle tombe». A parlare è Giovanni Purpura, informatico di professione e vice presidente della Pro Loco di Vergine Maria, con la passione per l’archeologia. «Si tratta di una zona di necropoli. A due passi dall’ex stabilimento della Coca Cola, sempre in quell’area, c’è tuttora una tomba a camera attorno alla quale è stata innalzata una palizzata e creato un giardinetto all’inglese per tutelarla, riconosciuta dalla Soprintendenza ma lasciata nel totale anonimato senza cartelli o indicazioni in merito. Non potrebbero esserci delle tombe anche nell’area sottostante al centro commerciale?», si domanda. Un ragionevole dubbio, a prima vista.

«Non è così, nella maniera più assoluta. Lì non c’è nessuna necropoli, non c’è niente di niente», afferma l’ex Soprintendente dei Beni culturali e ambientali Maria Elena Volpes. Non è quella, a sentire lei, l’area archeologica della necropoli di Santocanale. «Spesso si fa confusione – torna a dire -, fondo Santocanale è in un’altra zona, so benissimo dove si trova, così come la villa omonima, e non mi pare proprio che possa addirittura arrivare fino a là». Secondo l’ex Soprintendente, quindi, l’ipotesi che vorrebbe la storica necropoli coperta da sei anni dalla colata di cemento del Conca d’Oro sarebbe solo una «ricostruzione fantasiosa». «Nell’ipotesi di una necropoli, ancora ad oggi non individuata e scoperta, la concessione del terreno sarebbe limitata alla coltivazione, non potrebbe in ogni caso significare nuova costruzione. Per la quale, in ogni caso, in presenza di un vincolo, servirebbero controlli approfonditi e sarebbe un modo proprio per scoprire l’eventuale esistenza di una necropoli – spiega -. Non vedo il problema onestamente, questa mi pare somigli più a una bega condominiale».

Secondo le indicazioni fornite da Purpura, invece, la necropoli è stata scavata ed esplorata l’ultima volta nell’800 per iniziativa del principe di Scalea, di cui esiste ancora qualche traccia in pubblicazioni del passato, come quelle curate dall’archeologa Jole Bovio Marconi, Soprintendente archeologica per la Sicilia occidentale fino agli anni Sessanta, secondo cui «la necropoli, che doveva essere alquanto vasta, continuava oltre i confini del podere Scalea, poiché a più riprese si fecero ritrovamenti di oggetti o di tombe sporadiche». Ma a dispetto di pubblicazioni, ritrovamenti storici e constatazioni visibili e alla portata di tutti, la Soprintendenza resta immobile. «Le tombe sono lontanissime», precisa infatti anche Stefano Vassallo, dirigente responsabile della sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza. «Santocanale è dove finisce via Lanza di Scalea, andando verso Tommaso Natale, quella è la zona. Archeologicamente non abbiamo resti di necropoli nell’area del centro commerciale, per la cui costruzione ai tempi sono state fatte delle indagini ad hoc. Né nelle vicinanze, del resto». La necropoli, però, esiste o no? Chi ne parla confonde solo la sua collocazione o altro? «Ci sono sepolture preistoriche ma in altre zone, alcune due anni fa circa sono state trovate su via Venere. Alcune sono vicine tra loro, tra Tommaso Natale e Partanna, ma nella zona del centro commerciale non se ne conoscono attualmente e i lavori vengono comunque sempre eseguiti, non abbiamo indizi di presenza di tombe preistoriche».

Un’area, quella di Mondello, che insieme alle borgate di Pallavicino e Partanna, è sottoposta a vincolo a protezione delle bellezze naturali. In larga parte corrisponde all’antica Piana del Gallo, e costituisce lo sbocco naturale in direzione nord-est della Piana dei Colli. Un’area che «dal punto di vista antropico presenta una fitta stratificazione storica risalente alla preistoria, con varie conferme dell’inizio dell’eneolitico, dati i numerosi ritrovamenti di varie tombe appartenute alle necropoli dei villaggi dislocati lungo le falde di Monte Gallo e Monte Pellegrino», come si legge nel decreto del 23 marzo 1995 sulla dichiarazione di notevole interesse pubblico di parte del territorio della borgata di Mondello. I locali del patron rosanero, insomma, secondo il dirigente ricadrebbero piuttosto in una zona che si contraddistingue per i Qanat, gli acquedotti sotterranei, «ma anche quelli spostati più verso Mondello». A poca distanza dagli spazi inaugurati nel 2012, però, la zona sembra sia disseminata di fosse a cielo aperto.


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