CON L’ARTICOLO 7 MODIFICATO, CHE INTRODUCE LE “AREE METROPOLITANE”, I BENEFICI SI ESTENDERANNO A TUTTI I COMUNI E NON SOLO A PALERMO, CATANIA E MESSINA. LA LINEA POLITICA CONFUSA DEL PD
Alla fine, ieri era, a Sala d’Ercole, la grande montagna ha partorito un topolino. L’Aula ha detto “sì” al contestato articolo 7 del disegno di legge sulla riforma (o quasi) delle Province. Non è corretto, in questa Fase, esprimere un giudizio complessivo. Ma, da quello che si può capire, dovrebbero essere scomparse le città metropolitane. Al loro posto il Parlamento dell’Isola avrebbe istituito le aree metropolitane.
Il passaggio è fondamentale. Con l’istituzione delle tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, questi tre Comuni avrebbero salvato i propri traballanti bilanci a spese dei piccoli Comuni che sarebbero finiti inglobati nelle stesse città metropolitane. Con l’articolo 7 profondamente modificato rispetto all’impostazione originaria del Governo di Rosario Crocetta, questo non avverrà più.
Insomma, scompare la norma-pescecane: ovvero l’inglobamento, d’imperio, dei piccoli Comuni dentro le tre città metropolitane. Per il semplice fatto che non ci saranno le città metropolitane, ma le aree metropolitane. Ripetiamo: la norma va letta attentamente ad approvazione definitiva. ma non ci dovrebbero essere più il salvataggio dei Comuni di Palermo, Catania e Messina a spese dei piccoli Comuni.
Non solo. I benefici economici della Programmazione comunitaria 2014-2020, che nell’impostazione originaria del disegno di legge avrebbero favorito solo Palermo, Catania e Messina, dovrebbe essere scomparsa. I fondi europei dovranno essere utilizzati per tutta l’area metropolitana, e cioè per tutti i Comuni, e non solo per i tre Comuni più grandi dell’Isola.
Di fatto, dalla seduta d’Aula di ieri sera non esce sconfitto solo il Governo, ma anche l’impostazione di una legge che era stata ‘confezionata su misura per gli interessi di Palermo, Catania e Messina. Un’impostazione che era il frutto di un accordo trasversale tra il Governo Crocetta, il Sindaco di Catania, Enzo Bianco, e il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Accordo trasversale che Sala d’Ercole ha ‘sgamato’, eliminando le città metropolitane.
L’articolo 7 così modificato è stato votato dai parlamentari del Nuovo centrodestra democratico di Angelino Alfano e dal Movimento 5 Stelle. Se l’impostazione – a giudicare da quanto emerso dal dibattito d’Aula – è quella che abbiamo descritto, il voto degli alfaniani e dei grillini è stato coerente: è stata sì mantenuta una linea di riforma delle Province, ma è stata eliminata un’impostazione che avrebbe decretato la scomparsa di tanti piccoli Comuni per salvare Palermo, Catania e Messina.
Non mancano le interpretazioni ‘dietrologiche’. Che riguardano più il Nuovo centrodestra che i grillini. Questi ultimi non hanno mai nascosto che cosa intendono per politica a Sala d’Ercole: approvare leggi che favoriscono la collettività e ‘bocciare’ leggi ideate su misura per i pochi a scapito della collettività. L’articolo 7 approvato ieri sera rispecchia pianamente la ‘filosofia’ del Movimento 5 Stelle: è stato bloccato il tentativo di favorire solo tre grandi Comuni, estendendo i possibili benefici a tutti i Comuni di un’area metropolitana.
Anche sul Nuovo centrodestra, forse, la dietrologia sembra un po’ esagerata. Il nostro giornale non risparmia critiche agli alfaniani. Ma questa volta il loro comportamento, in Aula, non è sembrato ‘inciucista’. Non ci dovrebbe essere, da parte di questa forza politica, la voglia di entrare a far parte, a pieno titolo, del Governo Crocetta.
La verità è che il Governo Crocetta, in Aula, non ha una maggioranza. Quindi non è in grado di far approvare una legge secondo la propria impostazione. Lo si è visto ieri sera, se è vero che le città metropolitane sono state ‘smontate’ pezzo per pezzo.
Il Governo Crocetta non ha una maggioranza. Ma siccome i deputati non hanno alcuna voglia di mandare a casa il Governo, perché andrebbero a casa anche loro, non resta che un’unica via: trovare gli accordi su ogni legge. Se il presidente della Regione e i suoi assessori trovano i voti per avere una legge come desiderano, bene. Sennò, com’è avvenuto ieri sera, non gli rimane che adeguarsi ai voleri del Parlamento.
Di fatto, quello di Crocetta è un Governo dimezzato. Ma al presidente sta bene così. Tant’è vero che già ha ricominciato ad allontanare la prospettiva del rimpasto della Giunta chiesto, ancora una volta, dal PD siciliano, sempre più ondivago.
Giuseppe Lupo, fino a quando è stato segretario del Partito Democratico siciliano, non senza aver prima consumato vari tentativi per trovare un accordo con Crocetta, aveva detto a chiare lettere che il PD era al’opposizione.
Da quando Fausto Raciti ha preso il suo posto, di fatto, la figura del segretario regionale sembra un po’ appannata. Chi è, infatti, che dà la linea politica a questo Partito? Non si capisce.
Il parlamentare Antonello Cracolici – che parla come se fosse il capogruppo – dice che serve un cambiamento radicale della Giunta Crocetta. Parole, queste, che aumentano la confusione e che, in ogni caso, dovrebbero essere pronunciate dal segretario regionale a, al limite, dal capogruppo, Baldo Gucciardi.
Dalle parole di Cracolici si capisce solo che il PD siciliano non è all’opposizione, secondo un’impostazione chiara che Lupo ha lasciato in eredità a Raciti. Al contrario, dalle parole di Cracolici sembrerebbe che questo Partito è ancora ‘inginocchiato’ al cospetto di Crocetta per ‘elemosinare’ poltrone di Governo. Con il solito Crocetta che si cimenta nell’unica cosa che ha fatto bene da quando è presidente della Regione: promettere per non mantenere.
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