Cinisi, i due ‘Angeli’ della spiaggia di Magaggiari

di Rossella Catalano

Sono tante le storie di quegli uomini e quelle donne che vivono senza fissa dimora. Sono quelle storie tristi che non vogliamo sentire e se per caso le incontriamo sulla nostra strada, proseguiamo dritti perché guardarle non conviene, non aiuta. E poi, perché preoccuparsi: non siamo noi quelli, non è quella la nostra vita. Io però una di quelle storie che nessuno vuol vedere né sentire l’ho incontrata e voglio raccontarla.

È la storia di Salvo e Mimmo, storia di una grande amicizia e di una vita priva di tutto. Li ho incontrati una mattina di un sabato d’estate. Uno di quei giorni in cui il cielo è talmente limpido e il sole così caldo che l’unica cosa che desideri fare è di fuggire dal frastuono della città per trovare un angolo di paradiso e sdraiarti al sole in beata solitudine. Senza pensarci troppo, scelgo la bellissima spiaggia “Magaggiari” di Cinisi ed è lì che mi accorgo di un fatto straordinario e inconsueto. Quella spiaggia non è solo uno dei tanti angoli di paradiso che si trovano nel Palermitano. (a sinistra e sotto, a destra, Salvo, Mimmo e l’inseparabile Rudy)

Quella spiaggia ha qualcosa di diverso, è una spiaggia incontaminata dall’inciviltà; non una carta, non una cicca, non una bottiglia, nulla di tutto ciò che siamo abituati a vedere sulle spiagge siciliane e sulle strade di Palermo. Lo stupore accende la mia curiosità, mi guardo intorno, osservo i bagnanti per cercare una risposta, per cercare di capire. Mi chiedo se tutto ciò non sia il frutto di un ritrovato atteggiamento civile o forse lì, in quel luogo, vive l’ultima fetta di civiltà.

Sbigottita ma estasiata mi guardo intorno per trovare una risposta quando, all’improvviso, eccola lì davanti a me: un uomo dall’aspetto minuto con un grosso sacco nero e due enormi guanti, forse di due tre misure più grandi, raccoglieva quelle pochissime cicche di sigarette che la spiaggia ancora poco affollata offriva. Lo osservo a bocca aperta dimenticando ogni forma di discrezione, ma lui si accorge di me e con un sorriso che fa intravedere un’evidente trascuratezza dentaria, si avvicina dicendomi: “Signorì, lo so che sta pensando. Io mi chiamo Mimmo e un fazzu u spazzino”.

Mi spiega che è solo un volontario e che vive lì (mi indica una Seat Ibiza blu, stracolma di scatoloni) con il cognato Salvo e Rudy, il loro inseparabile cane. Capisco allora che questa è proprio una di quelle storie che quel sabato mattina, non avrei voluto vedere. Ma è lì davanti a me e non posso di certo ignorarla. Chiedo a quel piccolo uomo dal viso stanco e bruciato dal sole il permesso di incontrarlo un altro giorno per parlare un po’ della sua storia e di quella del suo amico Salvo. Gli chiedo quando e dove potrò incontrarli e lui divertito risponde: “Signorì, ma unni ni vulissi truvari?”.

Torno su quella spiaggia un pomeriggio di qualche giorno dopo, e ritrovo i due amici intenti a darsi da fare. Mimmo impegnato a riordinare i tavoli dell’unico locale presente sulla piazza Magaggiari e Salvo intento a mettere un po’ d’ordine in quella Seat Ibiza blu stracolma di tutto e che da lì a qualche ora sarebbe diventata la loro dimora notturna. Il primo ad accorgersi della mia presenza è Salvo che si affretta a raggiungermi con un’accoglienza che spesso riserviamo solo a chi ci è particolarmente caro. Propongo di spostarci nel bar più vicino per parlare in tranquillità e lontano dal frastuono della piazza. La cosa che mi colpisce immediatamente è la loro compostezza, vestita di una grande dignità. Salvo, in particolare, passandosi una mano tra i pochi capelli in disordine, si scusa per il suo abbigliamento “non particolarmente dignitoso”, dice.

Propongo di ordinare qualcosa ma, a fatica e malvolentieri, accettano un solo caffè che poi scoprirò divideranno. Mi appare subito straordinario il fatto che, nonostante lo stato di indigenza in cui versano, conservano un buon senso estetico, gli abiti che indossano sono accostati con attenzione, le mani sono curate. Mi parlano amichevolmente, ma senza trascurare il dovuto distacco che ogni gentiluomo sa di dover tenere di fronte a una donna. Sorridono e vengono ricambiati con affetto dalla gente del luogo e soprattutto non hanno nessuna vergogna di raccontarsi in quel bar. Quello è il paese che li ha accolti. Su quella spiaggia hanno trovato il loro piccolo posto nel mondo ed è lì che oggi si sentono a casa.

Salvo è un uomo di cinquantatré anni nato a Palermo, separato e padre due figlie che dice di amare più di ogni altra cosa al mondo. Mimmo, invece di anni ne ha cinquantacinque, ma il suo viso stanco ne segna molti di più. Si sveglia tutte le mattine alle cinque come se avesse un impegno, come se quello fosse il suo lavoro. È un modo per sentire che esiste, che può ancora essere utile. Offre un servizio agli abitanti del luogo e in cambio, mi dice, riceve “rispetto e pane”. Anche lui ha due figlie e anche lui soffre molto la loro mancanza. Quando parla di loro non riesce a trattenere le lacrime. È un padre che ogni giorno soffre l’impossibilità di poter offrire alle proprie figlie una vita serena.

Mi raccontano di aver vissuto una vita normalissima. Avevano un lavoro, una casa e una famiglia, ma all’improvviso la loro vita deraglia e quel destino che sembrava ormai segnato da una vita umile ma comunque normale, all’improvviso cambia rotta come un inciampo, come una brutta sorpresa inaspettata. Salvo perde il lavoro di parrucchiere, si separa dalla moglie e va a vivere a casa della madre. Quest’ultima, però, per motivi di salute è costretta a trasferirsi dalla sorella. Salvo a quel punto non è più in grado di pagare l’affitto di quella piccolissima casa che nel frattempo aveva accolto anche Mimmo. con la sua disperazione di disoccupato e di uomo solo. Da quella casa, però, che li aveva visti perdere tutto e dove nel frattempo si era fortificata la loro amicizia, vengono presto sfrattati.

“Siamo finiti per strada in un attimo – racconta Salvo – da un giorno all’altro. In quel momento abbiamo pensato che sarebbe passato presto, che qualcosa sarebbe accaduta, che avremmo trovato presto un lavoro e una nuova casa, ma così non è stato. Senza volerlo la macchina è diventata l’unico rifugio”.

“Abbiamo chiesto aiuto e, talvolta, qualche anima caritatevole ci ha concesso un pasto caldo, una doccia e, quando eravamo fortunati, anche un letto. Una volta, grazie all’aiuto di un giornalista, abbiamo incontrato il Sindaco di Cinisi che, dopo avere ascoltato la nostra storia, ha promesso di impegnarsi per trovarci una sistemazione, ma nulla di tutto ciò è ancora accaduto”.

Salvo è un fiume in piena, parla e si racconta e forse spera che grazie al nostro incontro qualcosa cambierà, qualcuno leggerà la loro storia, saprà di loro e chissà… Mimmo, invece, è timido, parla solo in dialetto e forse teme di non essere compreso, o forse il mio dialetto “misto” non lo convince del tutto: “Signorì, ma lei poi quannu scrivi ci mittissi paroli so”.

Sono passati quattro anni da quando, dopo aver vagabondato per la città, hanno scelto di fermarsi con la loro piccola Seat blu a Cinisi, in quella piazzetta di fronte al mare “perché qui la gente è generosa e ci sentiamo al sicuro”. Per ricambiare l’affetto che ricevono, tutte le mattine i due amici sentono di avere un compito da svolgere: Salvo pulisce piazza Magaggiari e Mimmo si prende cura della spiaggia, perché i bagnanti possono arrivare da un momento all’altro e lui ci tiene che tutto sia in ordine e pulito.

In alcuni angoli si vedono anche dei cartelli scritti da Salvo: “Sporco chi sporca”, “La spiaggia è di tutti, rispettala”, “La spiaggia non è una pattumiera”. Insomma, una vera e propria lezione al rispetto dell’ambiente.

Quella dei due amici è una di quelle storie che non vorremmo mai raccontare. È una storia di povertà. È la storia di una vita priva di tutto. Ma è anche una storia di grande umanità e solidarietà sociale. È l’ennesima storia che racconta la condizione di chi viene, ancora oggi, abbandonato dalle quelle ‘Istituzioni’ che promettono e mai mantengono.

Salvo e Mimmo, tuttavia, non hanno ancora perso la speranza di poter vivere un giorno sotto un tetto e di poter trovare un lavoro che gli restituisca quella dignità che in quel piccolo posto di mare non hanno mai perso.

 


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