Chimica, verso soluzioni dopo gli allagamenti  Regione chiede a UniCt altre analisi su terreno

Un problema complesso: da una parte la
violenza di piogge che si riversano in abbondanza e in pochi minuti, dall’altra strutture non adatte ad accogliere un flusso così importante. Uno dei luoghi nei quali i due fattori si incrociano con maggiore facilità è diventato il cortile del corpo D del dipartimento di Chimica, all’interno della cittadella universitaria. Una zona già in passato soggetta ad allagamenti, che durante l’alluvione dello scorso 21 ottobre ha riportato danni importanti. Il livello dell’acqua ha oltrepassato il cosiddetto Mose, l’opera creata come sbarramento proprio per prevenire situazioni del genere. Una condizione che si verifica a causa della risalita delle acque dai canali di via Passo Gravina. E se da un lato è partita la corsa ai ripari per limitare i danneggiamenti, dalla Regione è arrivato il via libera all’approfondimento delle analisi del terreno, chieste dopo quelle compiute tra il 2009 e il 2010

«I danni sono significativi», afferma 
Agatino Pappalardo, ingegnere dell’ufficio tecnico di Unict. A essere colpito maggiormente è il piano inferiore dell’edificio. «Abbiamo attivato alcune procedure – spiega Pappalardo – soprattutto per consentire al dipartimento di portare avanti le attività didattiche con dei provvedimenti urgenti». Una serie di interventi, come lo spostamento delle aule di alcuni docenti e l’adattamento di alcuni laboratori, «che hanno lo scopo di consentire di produrre l’attività, anche senza il piano seminterrato». «Molte aule sono inagibili, il direttore del dipartimento e i docenti stanno facendo il possibile per non interrompere la didattica», dice lo studente Federico Giuffrida. «Non sappiamo cosa succederà nel prossimo semestre, quando inizieranno gli altri laboratori previsti, ma almeno per adesso la situazione si sta riequilibrando».

La seconda fase prevede la stima dei problemi causati dall’alluvione. Bisogna capire quali macchinari sono stati danneggiati, quali sono irreparabili e quali possono ancora funzionare. «Stiamo portando avanti le pratiche per i risarcimenti – dice l’ingegnere – C’è già stato il sopralluogo del perito di parte, a breve verrà anche il delegato dell’assicurazione». Il terzo passo, tra i più importanti, è l’individuazione di un gruppo, «che comprende anche alcuni docenti di Ingegneria, per realizzare un progetto da portare entro dicembre al Comune». Una «soluzione in emergenza, in modo da non avere più questo tipo di eventi». Nello specifico verranno realizzati dei pozzi disperdenti che alleggeriranno la pressione dell’acqua proveniente dalla collina sulla quale sorge la cittadella e di quella che risale da via Passo Gravina. Dopo alcuni pareri negativi, il Comune ha detto sì al progetto, «una misura finanziata dalle singole amministrazioni coinvolte: policlinico, Ersu, Cus e università». 

Nel frattempo è arrivato un altro sì, da tempo atteso dai vertici universitari. La Regione ha riunito la conferenza dei servizi chiamata a pronunciarsi sul piano di bonifica dell’area del corpo D. Come riportato lo scorso anno da Meridionews, nelle analisi compiute dall’università tra il 2009 e il 2010 diversi parametri relativi a mercurio, cadmio, arsenico e metalli pesanti risultavano ampiamente superati. Come confermato anche dall’ateneo, Comune e provincia di Catania, Regione, prefettura, Arpa e procura della Repubblica sono a conoscenza della questione. Riuniti finalmente attorno al tavolo operativo, hanno chiesto a Unict di «anticipare delle indagini e dei sondaggi che avevamo inserito nel piano di caratterizzazione che sarebbero state fatte dopo», riporta Pappalardo, che è anche responsabile unico del procedimento relativo al piano. «Dopo verrà convocata la conferenza, alla luce dei nuovi risultati».


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