3G e “suonimmagini”: l’immaginazione cade…nella rete

Hanno nomi melodiosi come SGH-Z100, e808, 6650, U10, A920, C62, U15-UMTS, colori vivaci come il grigio e (per lo più) il nero, le dimensioni di un normale cellulare (concetto da tenere bene sotto controllo, quello di “normale”, se è vero – come sostengono i nuovi costruttori, i nuovi gestori e i loro spot pubblicitari – che nel giro di qualche mese il nostro modo di concepire il telefono cellulare cambierà radicalmente), ma – attenzione – di un cellulare come lo intendevamo fino a un paio d’anni fa c’è rimasto ben poco, visto che loro, i telefonini di terza generazione, oltre ad effettuare semplici chiamate vocali ci permettono di seguire trasmissioni tv, girare e inviare filmati, guardare negli occhi il nostro interlocutore che si trova a centinaia di chilometri di distanza, e (così dice, senza riuscire a essere più preciso, chi li vende) molto altro ancora.

 Già gli MMS (Multimedia Messaging Service), eredi diretti dei tanto amati/odiati SMS, avevano creato non poche polemiche riguardo il rispetto della privacy che in effetti, con strumenti come i “camera-phones” (per dirlo all’inglese), è molto più facile violare. E alle polemiche è sopraggiunta (almeno in Italia) la risposta-provvedimento del garante della privacy Stefano Rodotà, il quale, appena un mese fa, ha definito alcune regole sull’uso dei nuovi ritrovati tecnologici.

Ma al di là delle polemiche, al di là delle critiche e delle “battaglie di mercato”, quanto ci interessano – davvero – i videofonini e le loro presunte innumerevoli potenzialità?
Da una parte c’è l’indagine che la società di ricerca e consulenza Harris Interactive ha condotto in sei nazioni continentali (Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna): il 52% degli intervistati ritiene che le tecnologie esistenti già prima dell’avvento degli UMTS soddisfi in modo più che sufficiente le loro esigenze di comunicazione (diffidenti verso la terza generazione soprattutto i britannici; più fiduciosi invece belgi e italiani). Dall’altra le cifre dei costruttori: nel 2002, solo in Giappone sono stati venduti tredici milioni di videofonini, contro i due milioni degli USA, mentre in Italia ne circolano già circa un milione. Da una parte ci sono le notizie provenienti dagli Emirati Arabi Uniti: banditi i videofonini dai luoghi pubblici come spiagge, locali notturni, ristoranti, e multe salatissime per i trasgressori, dopo le numerose denunce di donne riprese senza il loro consenso. Dall’altra le curiosità riportate da alcuni quotidiani nazionali: “Cosmonauta russo si sposa in videoconferenza” (10 agosto 2003), “Lui a Kabul, lei in USA: sposi con il videotelefono” (6 febbraio 2004).

Ho idea che ci toccherà rivolgere la domanda a noi stessi. Quanto riteniamo indispensabile vedere? Quanto siamo disposti a pagare, per questo? In che misura siamo disposti a sacrificare le emozioni che il suono di una voce da solo può darci? Ma soprattutto siamo disposti a rinunciare al potere dell’immaginazione?


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