Tutti i ballerini sono gay (?)

Eleonora Modica, ottima ballerina e preziosa studentessa, arrivò un giorno nella mia stanza chiedendomi di fare la sua tesi di laurea sulla danza e l’omosessualità. Era la seconda volta che qualcuno mi proponeva di analizzare un aspetto della sessualità attraverso la musica. C’era stata Patrizia Curatolo col suo bel lavoro su ‘Billy Bud e Britten’ e ora, quest’esile ragazzina voleva addentrarsi in un campo così difficile in cui abbondano i luoghi comuni. Ne fui subito felice e assegnai la tesi senza alcuna perplessità. Eleonora ha lavorato con tale sapienza e tale spirito che il risultato è andato al di là delle nostre aspettative e il lavoro (premiato col massimo dei voti e la lode) è stato anche oggetto di un articolo sul nostro quotidiano.

 

(Emanuela E. Abbadessa)

 

 

Chi di voi, parlando qua e là di danza e danzatori, non si è imbattuto nell’“innominabile binomio” uomo ballerino = gay? Forse un po’ tutti noi abbiamo sentito affermazioni di questo tipo. Essendo risaputo infatti che per il particolare training quotidiano a cui ogni ballerino è sottoposto la danza trasforma, o più specificamente “rinnova” il corpo e lo stile mentale di coloro che si accostano ad essa, si diffonde spesso la famigerata affermazione che taccia ogni danzatore uomo di più o meno inconfessabile omosessualità.

 

Le “grandi menti critiche” del balletto sostengono infatti che la danza sia una sorta di forno a microonde che riscalda le tendenze sessuali poco chiare di molti uomini che intraprendono la sua strada, sfornando poi “patetiche femminucce” vergognosamente infilate in aderentissime e imbarazzantissime tutine accademiche.

 

Per i campioni del sesso maschile infatti è veramente dura accettare che la virilità del corpo di un uomo non esplode solo nel fisico da “palestrato” tutto bicipiti alla Braccio di Ferro e addominali in evidenza, ma si esibisce prepotentemente anche in un amalgama spettacolare di raffinate linee, unendo alla grazia dei movimenti (si badi bene grazia, non effeminatezza!) la virilità del corpo danzante.

 

Tali chiari pregiudizi nascono dalla “promiscuità” del mondo della danza e dall’uso che nel mondo della danza si fa indistintamente del corpo dell’uomo e della donna, visto che la preparazione è quasi identica per entrambi i sessi. E se poi nell’ambito del balletto classico per danzatore e danzatrice vengono scissi gerarchicamente i ruoli  – l’uomo fa sempre da porteur e la donna danza attorniata da un alone di eterea sublimazione che la assimila all’immagine del cigno, della farfalla o all’evanescenza di un essere impalpabile –  nella danza contemporanea i ruoli si confondono e si mescolano spesso senza consentire una reale distinzione tra i sessi. Ecco che i palcoscenici dei teatri di tutto il mondo si popolano di uomini vestiti da donna che danzano sulle punte, danzatori e danzatrici in abiti unisex, donne che si caricano addosso il peso dei loro partners maschili, esibendosi in bizzarre ma interessantissime “prese”. La distinzione tra i sessi è già andata oltre la promiscuità.

 

Dunque l’uomo che danza, con il suo “fare elegante”, troppo spesso accostato al gesticolare dell’omosessuale, non solo rimane tale senza mutare conseguentemente le proprie tendenze sessuali  – come tanti credono –  ma sviluppa in più, grazie alla danza stessa, una virilità che a volte manca all’uomo comune. La danza fa sgorgare la pienezza del suo essere, la carica virile dell’uomo a volte repressa; e quando il ballerino si libra nell’aria anziché essere la prima donna, come spesso è chiamato, è un uomo che danza ed è ancor di più un uomo.

Così come ho a lungo fatto io (fino a fare delle mie riflessioni il mio elaborato di laurea; il titolo di quest’articolo infatti è stato volutamente ripreso dal secondo capitolo del mio lavoro), sarebbe bene dunque riflettere sul fatto che se la danza è popolata da una certa quantità di gay e perché appunto i gay percepiscono probabilmente con diverso afflato e sensibilità l’arte del corpo, l’arte che mette in scena un’anima che tenta di parlare e che esibisce un corpo muto che si esprime nel puro movimento.

 

Quindi se un ballerino è omosessuale lo era già  prima di accostarsi al mondo tersicoreo e lo è al di là del fatto di essere ballerino; in alcuni casi, con grande liberazione, un uomo può attraverso la danza scoprire la sua “strada” sessuale ma non sarà la danza a renderlo omosessuale, piuttosto la danza sarà il tramite per accrescere in lui la consapevolezza della sua natura e maternamente squarciare i veli di una sotterranea ipocrisia interiore. Mettendo a nudo il sé la danza rende l’uomo e la donna liberi.

 

La danza più che essere semplice arte o disciplina diviene un dialogo con se stessi, un interrogarsi su ciò che si è e che si vorrebbe essere, uno scoprire desideri nascosti, un esporsi di fronte al proprio Io rivelando l’intimità del proprio essere, una sorte di trance in cui un gesto rivela l’indicibile nel suo silenzio.


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