La dinamicità di un mondo perfettamente instabile.

RAGUSA. Ricordo sempre con piacere ed immensa vitalità il mio primo viaggio negli States. Il tanto desiderato continente, che ha cambiato la mia vita in prima persona e che ha plasmato le fantasie di molti che, ostinati nel perseguire il fatidico sogno americano, tentano di vivere quella realtà e amalgamarsi ad essa attraverso le memorie, le letterature, le speranze raccontate dagli autori di una letteratura troppo vasta e troppo varia per essere definita e caratterizzata con la semplice etichetta di “letteratura americana”, non finisce mai di meravigliare ed interessare.

A causa di un’insaziabile sete di conoscenza, mi è capitato recentemente di leggere un libro che mi ha colpito profondamente. Come l’ultima goccia di un vaso troppo pieno di acqua, questo testo, l’Antologia di Spoon River di Edgard Lee Masters, ha fatto sì che la mia mente, stracolma di sogni e di illusioni americane, si ripiegasse su sé stessa. Un brivido fortissimo ha percosso il mio corpo intero, senza farmi rendere veramente conto di ciò che stava accadendo: il nome di Walt Whitman riecheggiava insistentemente nei pensieri e andava a scontrarsi violentemente con quella meravigliosa Antologia appena finita di leggere.

Che ne era stata, in Masters, della tanto versificata America del Walt Whitman? Perché il Mississippi River, tanto elogiato sul piano simbolico ed allegorico, simbolo dell’America e per quel poeta rappresentazione positiva del sogno americano, diventa qui il ben più piccolo Spoon River, puro e mero corso d’acqua che lambisce la collina con il suo piccolo cimitero?

Grazie a un’insegnante con una particolare vocazione, e risalendo nella memoria dallo Spoon River al Mississippi, mi tornava in mente Mark  Twain. Mi tornava in mente il Mississippi così come appare nelle sue opere, e la diversa importanza che questo fiume assume, a fine ‘800, come via non solo di comunicazione ma anche di fuga da una terraferma ormai eccessivamente corrotta. In Twain l’America bagnata dal Mississippi è qui piegata alle leggi di una società ancora troppo razzista per un ragazzo semplice come Huck che non riesce a vedere il mondo se non che con gli occhi della semplicità; e che non può concepire differenze alcune tra un essere umano e l’altro, tra uno stile di vita e un altro, tra la sua mano bianca e la mano nera del suo compagno di viaggio Jim.

Alle prese con i problemi scherzosi o drammatici della loro età, con le ansie profonde che a fine ‘800 sono anche quelle della nazione americana con i suoi problemi razziali e –malgrado il livellamento sociale provocato dalla Guerra civile–  le incomprensibili divisioni di classe, Huck e Jim trascendono il modello picaresco ed è così che le loro avventure diventano iniziazione vissuta all’ombra del Mississippi, luogo dell’infanzia di Twain, grande via di fuga da una realtà che non accetta il diverso e tra i luoghi centrali dell’immaginario nord americano. In Mark Twain, la rappresentazione di una società americana complessa e ormai sparsa su un territorio vasto e unificato, si ritrova in particolar modo nella sua straordinaria abilità di dar voce ai suoi variegati personaggi; è così che il prodigioso intreccio dei dialetti usati si configura come una nuova lingua letteraria nordamericana, specchio delle diverse sensibilità, età, condizioni sociali, provenienze etniche, di un Nord America che ha attraversato le lacerazioni della guerra civile.

E’ così che il sogno dell’America come Paese libero da ogni pregiudizio sociale, economico e politico, vissuto da Whitman, attraverso la narrativa realistica e drammatica di Twain, arriva a degenerare totalmente nei versi di Masters che trova nella memoria il mezzo migliore per soppesare gli esiti delle esistenze quotidiane di qualunque abitante della città, dalla prostituta al droghiere, dalla casalinga al prestigioso professionista.

E’ l’America provinciale dei primi del ‘900 la vera protagonista di Masters. Un angolo di mondo che si denuda dei propri veli di ipocrisia e pregiudizio, di valori e virtù, di vizi ed imbrogli per scoprire, dopo la morte, ciò che ne è stato della vita.
All’insegna della scoperta dell’essenza della quotidianità e all’assidua ricerca di quel filo conduttore che alimenta e unisce tutto il genere umano, Masters approda in ciò che egli reputa l’anello di congiunzione tra tutti gli uomini: il fallimento.

Il nuovo secolo (il ‘900) e gli eventi drammatici che hanno segnato la fine del precedente, portano l’uomo – e Masters è particolarmente sensibile all’argomento –  a non ricercare ed esaltare più le caratteristiche di una vita vissuta, a non delineare i tratti di questo o quel personaggio con i suoi vizi e le sue virtù; ma ad una ricerca costante di risposte sul vissuto di una qualunque esistenza. L’assidua investigazione sui fallimenti o meno delle persone in Masters rappresenta una possibilità che l’autore offre ai defunti di tirare le somme e, per ultimo, stabilire se, la felicità che tutti noi ricerchiamo, giorno dopo giorno nelle nostre immense esistenze, sia stata veramente conseguita: non è importante ricordarsi di come si era tanto tempo fa, ma rendersi conto di essere cambiati.

Questi autori così lontani nel tempo, ma così fortemente vicini, sono la rappresentazione più chiara e manifesta di un’America attuale, di una nazione attualmente fortissima, ma così gracile interiormente da far venire la pelle d’oca. L’America, con le sue proprie mille contraddizioni, ancora una volta, continua a farmi sognare… e riflettere!


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