La vendetta di Gaia

Per millenni abbiamo vissuto con la strategia del parassita, ai danni dell’organismo vivente che ci ospita. Ora, assediati dall’inquinamento e dalle crescenti anomalie del clima, siamo al punto di non ritorno. Lo sostiene uno scienziato di fama mondiale, nel suo ultimo libro.

Il parassita è un essere che vive a spese di un altro organismo. Se ne nutre, cresce, si riproduce e prospera. Eppure, la sua non è una strategia lungimirante. Le energie dell’organismo ospite diminuiscono giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Finché un giorno accade l’inevitabile: l’organismo ospite si avvia a una fine certa. E il parassita, senza risorse, è destinato a scomparire. Questa immagine è la perfetta metafora della storia della specie umana. A dimostrarlo sono i fatti.

Migliaia di anni di occupazione del pianeta hanno provocato distruzione degli habitat, estinzione di molte specie, emissioni record di gas serra in atmosfera e nubi di polveri sottili nell’emisfero nord e sulle metropoli. Un’aggressione prolungata alla quale la Terra ora reagisce innescando una lunga serie di disastri naturali, quali inondazioni e uragani, sempre più numerosi e violenti, ed eventi climatici estremi, come estati torride e punte di freddo anomalo. Il pianeta che abitiamo non ha più anticorpi per difendersi. E allora attacca.

Lo sostiene a gran voce uno scienziato autorevole e indipendente, James Lovelock, nel suo nuovo libro, The revenge of Gaia (La vendetta di Gaia) in uscita il 2 febbraio in Gran Bretagna. “Il nostro mondo, afferma, potrebbe avere superato il punto di non ritorno: la soglia oltre la quale non possiamo fare più nulla per evitare che, entro la fine del secolo, i cambiamenti causati dall’attività umana distruggano la nostra civiltà.”

Lovelock è il biofisico inglese che nel 1979 mise a punto una teoria innovativa, destinata a enorme successo: il nostro pianeta è una sorta di organismo vivente, Gaia, dal nome della dea Terra degli antichi greci. Un sistema in grado di autoregolarsi e mantenere il suo naturale equilibrio.

[…] La teoria all’epoca suonò quasi rassicurante: sembrava possibile qualunque attività umana, tanto Gaia sapeva come cavarsela. Non era così semplice, ovviamente. Man mano che le conoscenze dei rischi planetari aumentavano, Lovelock ha sempre più sottolineato che i nostri comportamenti potrebbero perturbare Gaia profondamente, spingendola verso un nuovo equilibrio che non prevede la vita umana: la fine dei parassiti.

Nel suo saggio, Lovelock annuncia un futuro decisamente cupo. “Prima che il secolo sia finito, miliardi di noi moriranno e i pochi sopravvissuti vivranno nell’Artico, almeno lì il clima sarà tollerabile”. Nel capitolo «Forecasts for the XXI century» (Previsioni per il XXI secolo) Lovelock espone la lucida analisi dei fatti che lo spingono a queste previsioni. In pratica, una lista delle ferite inferte a Gaia. “Sono abbastanza sicuro che quando raggiungeremo la soglia di 500 parti per milione di anidride carbonica in atmosfera assisteremo a cambiamenti climatici che sconvolgeranno il mondo. A questo ritmo, succederà entro i prossimi 40 anni: non credo che Stati Uniti, India e Cina taglieranno le loro emissioni in tempo.

Al momento l’atmosfera contiene più di 380 parti per milione di anidride carbonica contro le 280 del 1750. L’80 per cento di questo aumento dipende dall’uso dei combustibili fossili e dalla deforestazione. Insieme a metano (più che raddoppiato nello stesso periodo) e vapore acqueo, l’anidride carbonica assorbe la radiazione solare riflessa dalla Terra e la riemette verso la superficie terrestre: quello che chiamiamo l’effetto serra. “Un rischio gravissimo continua Lovelock. Se la temperatura globale aumenterà di altri 2,7 gradi, i ghiacciai della Groenlandia non saranno più stabili e continueranno a sciogliersi anche se riuscissimo a diminuire la temperatura.”

Per non parlare del ghiaccio artico. Lovelock ricorda una ricerca del settembre 2005, secondo cui lo scioglimento è così rapido da far pensare che potremmo aver già passato un punto critico: “Entro fine secolo potremo raggiungere il Polo Nord con una barca a vela. Ma a quel punto il ghiaccio artico non riuscirà più a fungere da aria condizionata del pianeta.” Infatti il mare scuro che sostituirà il ghiaccio assorbirà l’energia solare, accelerando lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia.

[…] il secolo scorso ha visto il ritirarsi dei ghiacci montani e una riduzione del 10 per cento della copertura nevosa. Tutto ciò, unito alla dilatazione termica del mare (perché c’è più caldo), ha alzato il livello globale dell’acqua di 10-20 centimetri. E in futuro molte città saranno inghiottite dall’acqua.

“Siamo stati sfortunati: l’incremento dell’anidride carbonica coincide con un aumento del calore irradiato dal Sole di circa il 25 per cento rispetto a quando la vita è iniziata. E questo corrisponde a una risalita delle temperature superficiali di circa 20 gradi” avverte Lovelock. Sull’emisfero nord, inoltre, pesa una cappa di polveri sottili, effetto del traffico automobilistico e della produzione industriale. Da un lato questa nube inquina, dall’altro fa però da schermo alla radiazione solare: “La nube ha l’effetto di raffreddare il pianeta. Ma potrebbe svanire come effetto di un calo improvviso della produzione industriale. In tal caso si avrebbe un ulteriore riscaldamento del pianeta, con effetti sconvolgenti.”

Insomma, lo scenario sarebbe persino peggiore del previsto, perché finora fenomeni come la nube di polveri sottili non sono stati presi in considerazione nei modelli dei climatologi. Un’altra di queste variabili è il ruolo delle alghe oceaniche. Che significa? Secondo Lovelock, l’aumento dell’anidride carbonica fino a 500 parti per milione farà diminuire fortemente l’area dell’oceano ricoperta da alghe. E siccome le alghe assorbono anidride carbonica, quest’ultima salirà ancora di più. E sul pianeta farà sempre più caldo.

[…] A rendere Lovelock così pessimista è il timore che questi fenomeni siano stati sottostimati. E cita la distruzione delle foreste. A causa della loro scomparsa, potrebbe rompersi il ciclo biologico del carbonio tra piante, animali e ambiente. Riccardo Valentini, direttore del dipartimento di scienze forestali all’Università della Tuscia e coordinatore del progetto Carboeurope, dice: “L’uomo sta perturbando questo ciclo, perché immette sempre più anidride carbonica. Abbiamo molti motivi per preoccuparci. Se la temperatura media salisse di oltre 2 gradi potrebbe sciogliersi l’intero permafrost, il territorio perennemente ghiacciato della Terra. Il carbonio degli organismi vissuti in epoche precedenti e intrappolati nel ghiaccio verrebbe trasformato dai batteri e rilasciato nell’atmosfera. Un disastro.”

La vendetta di Gaia contro il parassita uomo non si fermerebbe qui: per colpa del surriscaldamento, gli incendi potrebbero allargarsi a macchia d’olio, e uragani e alluvioni divenire molto frequenti. L’eccezionale intensità dell’uragano Katrina conferma una tendenza degli ultimi 35 anni: l’aumento della violenza dei cicloni legato a quello della temperatura superficiale degli oceani. A farci superare il punto di non ritorno sarà, infine, l’aumento della popolazione mondiale: raggiungeremo probabilmente i 9 miliardi di abitanti entro il 2050. La diminuzione di fertilità e l’aumento della longevità porteranno al livello minimo il ricambio generazionale.

Paul Crutzen, premio Nobel, ha proposto di definire «era dell’Antropocene» il periodo geologico iniziato con la rivoluzione industriale: “Siamo diventati una forza geologica in grado di modificare l’aspetto globale della Terra.” Ma non ne abbiamo preso coscienza. Il protocollo di Kyoto prevede una riduzione delle emissioni modesta: il 5,2 per cento entro il 2008-2012. Dopo molte difficoltà, soprattutto per l’opposizione degli Stati Uniti, il protocollo è entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Ma anche solo per stabilizzare la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera occorrerebbe ridurre le emissioni del 70 per cento. Molti anni fa […] Lovelock scriveva: “Il messaggio ottimistico è che l’evoluzione di Gaia sembra dipendere dall’attività dei singoli organismi. Se queste sono favorevoli al sistema, gli organismi prosperano, altrimenti sono condannati.” In biologia c’è una strategia che si rivela più efficiente del parassitismo: si chiama «commensalismo», quando il parassita trae vantaggio dall’ospite senza però danneggiarlo. È davvero troppo tardi per adottarla?

Leggi l’articolo completo di Luca Sciortino


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