Addio scrittura, uccisa da un mouse

ROMA – Prima la televisione, poi i computer, infine gli sms e le chat, accerchiata dai nuovi mezzi di comunicazione, aggredita dai nascenti alfabeti, la scrittura a mano scompare, indugiare con una penna su un foglio è diventato un gesto in estinzione e molte attività legate a quel gesto un tempo abituale, naturale, come scrivere una lettera, copiare un indirizzo, sono ormai obsolete o, peggio, antiche.

Un articolo del quotidiano inglese “The Guardian” ripropone una questione che ciclicamente affiora, che stupisce e spaventa: l’incapacità sempre più diffusa, soprattutto tra i giovani, di scrivere a mano, la perdita dell’uso della scrittura sia come abilità manuale sia come capacità di organizzare pensieri complessi. Lavoriamo pigiando tasti di un computer, scriviamo e-mail e non più lettere, usiamo carte di credito e sempre meno assegni, inviamo sms, la materialità e la fisicità della scrittura si sta dissolvendo nelle specchio liquido di un display, la complessità del pensiero è ridotto ad un copia-incolla, così, giorno dopo giorno, assistiamo ad un passaggio epocale, ad una regressione generazionale, ad una trasformazione del pensiero.

“Dal punto di vista della manualità c’è una regressione registrata da tempo, molti scrivono con lo stampatello che non è una cosa da poco, significa rinunciare al ductus, all’andamento sinuoso, flessibile della scrittura”, spiega Raffaele Simone, docente di linguistica, autore di un libro molto apprezzato e discusso “La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo”, edito da Laterza. “Ormai le convenzioni usuali della scrittura sono rifiutate, c’è una certa insofferenza verso la peculiarità dello scrivere, dal punto di vista del testo poi la cosa è più complessa: c’è un vero terremoto testuale, i testi elaborati come traguardo dell’educazione non interessano più le nuove generazioni”. C’è un nuovo modo di scrivere semplificato di cui gli sms e le chat sono un po’ l’emblema, ma se il linguaggio rispecchia la complessità del pensiero “sembra che i ragazzi non hanno più bisogno di pensieri complessi”.

La scrittura a mano “serve sempre meno, solo a firmare, è una deriva inevitabile, esistono nuove forme di scrittura interessante come i graffiti ma qui il discorso si riapre, è un’insofferenza verso il catalogo delle scritture tradizionali”.

Ma la scrittura non è solo un esercizio manuale, è un modo per riflettere, strutturare il pensiero, organizzarlo in modo consequenziale ed analitico, caratteristiche anche queste che si stanno perdendo. “Dov’è ormai che si scrive più? Forse solo sui post it”, dice Piero Floris, ispettore di scuola elementare. “Gli unici a usare carta e penna sono i bambini delle elementari ma anche a scuola è richiesta sempre meno perizia nello scrivere, gli insegnanti tendono a non fare più dettati, il tema era un po’ la riproduzione di quel modello di scrittura. In compenso c’è più libertà di esprimersi, meno vincoli”.

Perdere la capacità di scrittura preoccupa anche per un altro motivo: c’è il rischio che si profili una nuova società classista basata non solo sul censo ma sul possesso di alcune competenze, dove la capacità di scrivere e leggere diventerà privilegio di pochi eletti. “La capacità di utilizzare questi strumenti si sta sempre più concentrando su alcune aree della popolazione”, spiega Benedetto Vertecchi, pedagogo, uno dei primi ad analizzare questo fenomeno. “Alcuni studi americani teorizzavano già anni fa che un paese poteva mantenere la sua competitività anche lasciando che le competenze alfabetiche di buon livello fossero appannaggio solo di una piccola percentuale, appena il quindici per cento della popolazione”. Negli Stati Uniti ci sono gruppi di volontari che aiutano a ritrovare alcune capacità alfabetiche e matematiche, “in Italia uno studio del 1999 rivelava che circa un terzo della popolazione ha problemi nell’uso della comunicazione alfabetica”.


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