Flightplan – Mistero in volo. “Hollywood è in crisi creativa” – disse Diane

Titolo: Flightplan – Mistero in volo (Flightplan)
Regia: Robert Schwentke
Soggetto e sceneggiatura: Peter A. Dowling, Billy Ray
Fotografia: Florian Ballhaus
Musica: James Horner
Montaggio: Thom Noble
Interpreti: Jodie Foster, Kate Beahan, Sean Bean, Peter Sarsgaard
Produzione: Touchstone Pictures/Immagine Entertainment
Origine: U.S.A. 2005
Durata: 98’

Jodie Foster torna sul grande schermo con una pellicola che solo in apparenza sembra originale ma che in realtà non è altro che una “scopiazzatura” d’alto bordo.

Qualche tempo addietro mi sono trovato a parlare di cinema con una mia cugina americana in visita a Catania. Lei, Diane (che nel cinema “a stelle e strisce” ha lavorato per qualche tempo e che di quel cinema molto capisce), mi disse che Hollywood era ormai da qualche anno in piena crisi creativa. A fronte di un sistema industriale cinematografico ben saldo corrispondeva – secondo lei – un progressivo affievolimento della vena creativa di sceneggiatori ed autori dell’arte della pellicola i quali non riuscivano a reggere il passo frenetico della produzione hollywoodiana. Quindi – sempre secondo la sua opinione – era più facile per le major scopiazzare idee qua e la, dal presente e dal passato (per fortuna riguardo al futuro non si sono ancora attrezzati) e perdersi in dedali di inconcludenti sequel, prequel e remake, piuttosto che rallentare i loro ritmi da catena di montaggio per concentrarsi su una buona idea e su una buona realizzazione.

Beh… qualche giorno fa uscendo dal cinema dopo aver visto “Flightplan” non potei far a meno di pensare a quella discussione e a “quanto” avesse ragione la “cugina americana”.
Per capire di cosa sto parlando è necessario che intanto vi racconti la trama del suddetto film: l’ingegnere aeronautico Kyle Pratt (interpretata alla grande da Jodie Foster) insieme alla figlia Jiulia (Marlene Lawston), sale su un immenso ed avveneristico aereo con rotta da Monaco a New York per tornare a casa dopo il tragico suicidio del marito avvenuto proprio nella città tedesca. Durante il volo, però, la bambina scompare e Kyle inizia una frenetica e snervante ricerca della figlia, che nessuno sembra avere visto e che tutti dubitano che esista, aiutata (apparentemente) solo dal poliziotto del servizio d’ordine dell’aereo (Peter Sarsgaard, in realtà il cattivo della situazione autore di tutto il complesso piano a scopo di ricatto). La stessa protagonista ad un certo punto quasi si convince di essere pazza se non fosse che ad un certo punto respirando su uno degli oblò compare davanti ai suoi occhi il cuoricino che la figlia aveva disegnato poco prima che l’aereo decollasse, prova inconfutabile dell’esistenza della bambina stessa e delle ragioni della madre.

La pellicola ha un buon ritmo (soprattutto nella prima parte), l’idea sembra originale e accattivante, gli interpreti funzionano e i colpi di scena si susseguono senza sosta. C’è un solo difetto: è tutto copiato, rielaborato e venduto come nuovo. Praticamente un “usato sicuro” della sala cinematografica.
Nel 1979 il regista Anthony Page realizzò uno dei suoi pochi film per il cinema, “The lady vanishes” (in italiano “Il mistero della signora scomparsa”), tratto dal romanzo di Ethel L. White “The wheel spins”.
Questa la trama: nel 1939 un treno porta da Monaco a Basilea un gruppo di turisti preoccupati dell’imminente scoppio della guerra. Su una delle carrozze la giovane americana Amanda Kelly (Cybill Sheperd) fa amicizia con miss Froy (Angela Lansbury), un’anziana baby-sitter inglese. Durante il tragitto improvvisamente miss Froy scompare e Amanda decide di trovarla. Il problema è che nessuno sembra aver visto l’anziana donna inglese ad eccezione di Amanda, che viene presa per pazza da tutti gli altri passeggeri. Ad aiutarla nella sua ricerca, oltre che l’americano Robert Condon (un guasconesco Elliot Gould), sarà il medico tedesco Doctor Hartz  interpretato da un grande Herbert Lom (il cattivo ovviamente ed in realtà un agente segreto nazista incaricato di far sparire miss Froy, anch’essa spia ma di parte inglese). Il colpo di scena arriva quando Amanda, quasi convinta di aver perso la ragione, respirando su un finestrino del treno fa riapparire la parola “Froy”, che la baby-sitter inglese aveva scribacchiato sul vetro durante il loro primo ed unico incontro per far capire alla giovane americana come si scrivesse correttamente il suo nome.

Notate qualche similitudine tra i due film? La cosa più svilente, almeno per quello che personalmente ho potuto rilevare, è che durante il lancio del film nessuno, tra regista, produttori e attori si sia degnato di dire che “Flightplan” è in realtà un remake o abbia in qualche modo citato o fatto riferimento alla pellicola di Anthony Page.
La politica in pratica è quella di arraffare soggetti dove si può, dargli una lustrata, spettacolarizzarli e venderli ai grandi magazzini del cinema il più rapidamente possibile, con buona pace per l’arte e per la creatività.

Andate a vedere “Flightplan – Mistero in volo”, poi, se ci riuscite, procuratevi in vhs o dvd “Il mistero della signora scomparsa” così vi renderete conto da soli di quanto avesse ragione Diane. 


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