A spasso con il Famoso…

In attesa del suo insediamento nella “stanza dei bottoni”, che avverrà il primo novembre, il neo eletto preside della facoltà di Lingue, prof. Famoso, risponde a Step1 su alcuni importanti problemi della nostra Facoltà. Ecco cosa ci ha detto.

 

Come pensa di intervenire per far fronte al diffuso malcontento per la difficoltà di superamento degli esami scritti di lingua, ultimamente ufficializzato anche attraverso un documento dei rappresentanti degli studenti?

“Non ho attualmente un termometro sensibile sul ritardo agli esami scritti. Dovremo procurarci e rendere pubbliche le statistiche sull’andamento degli esami. Senza dubbio la soluzione non è rendere “più facile” la prova dequalificando il percorso di studi. Tuttavia la facoltà deve interrogarsi sull’efficacia della didattica delle lingue. A mio avviso è indispensabile porre al centro della questione il ruolo del docente di lingua e degli esperti linguistici. Dobbiamo studiare la questione con responsabilità e, con l’apporto delle diverse competenze, trovare nuove  soluzioni e nuovi metodi per consentire un livello di formazione più efficace e più veloce, ma senza abbassare il livello qualitativo.”

 

Per quanto riguarda invece le lauree specialistiche, che hanno destato parecchie perplessità da parte degli studenti che le vedono come “poco specializzanti” rispetto ai corsi triennali?

“Non penso che il problema risieda unicamente nella programmazione delle lauree specialistiche. Dobbiamo considerare anche i limiti dei corsi triennali. Il corso triennale attuale, che si caratterizza come un percorso di base che dovrebbe preludere tanto alla laurea magistrale, quanto a uno sbocco immediatamente professionalizzante, è ambiguo. Infatti non sempre vedo sbocchi professionalizzanti concreti. Si potrebbero innovare gli aspetti professionalizzanti del triennio, riferendoci ad esempio a  un campo come quello del turismo, che nel nostro contesto è sicuramente importante. La qualità delle lauree specialistiche dipende dalla capacità di tener presente l’intero quinquennio, con  una riorganizzazione che garantisca  un percorso graduale. Ma la questione dei piani di studio deve essere considerata come  un cantiere perennemente aperto, e sarebbe controproducente riaprirla anno per anno. In vista dell’uscita delle nuove tabelle ministeriali, e basandoci sull’esperienza compiuta finora, nei prossimi mesi la facoltà si sforzerà di stabilizzare un nuovo modello (probabilmente basato anche sulla riduzione del numero totale degli esami. ndr) che punti ad un riequilibrio del percorso quinquennale, per essere  in condizione di fare un bilancio serio e sono convinto che studenti e docenti dovranno confrontarsi molto apertamente sui nuovi piani di studio.”

 

In che misura l’organizzazione della didattica dipende dall’organizzazione e dalla consistenza del corpo docente?

“I due problemi sono strettamente connessi. Il corpo docente della nostra facoltà è fortemente sottostimato e la grave sofferenza del rapporto docenti-studenti rende la questione didattica insopportabile. Il fatto che gli attuali disegni di legge, unendosi alle restrizioni finanziarie, stiano provocando un aggravamento del precariato all’interno dell’università non aiuta certo la didattica. Il testo dei decreti delegati che è in discussione in questi giorni trova la gran maggioranza del mondo universitario all’opposizione. Servono rilevanti investimenti per l’università italiana e servono norme che garantiscano i docenti, affinché essi siano messi in condizione di lavorare con impegno e  stabilità sia per la ricerca che per la didattica.  In attesa di tempi migliori, l’unica soluzione è  quella di garantire un buon equilibrio tra il reclutamento di nuovi docenti (rinfoltendo l’organico coi giovani dottori di ricerca e dando pieno riconoscimento alla maturità dei ricercatori che costituiscono la base  del corpo docente) e adeguati  avanzamenti delle carriere. ”

 

Qual è la sua posizione sulle recenti dichiarazioni che vorrebbero la facoltà di Lingue “ospite” di quella di Lettere?

“In sede di presentazione della mia candidatura ho detto che sicuramente nessuno avrebbe potuto dare dell’ospite a me, che sono arrivato ai Benedettini per primo. Al momento c’è confusione ai Benedettini, ci sono tensioni che non fanno bene a nessuno. Mi sforzerò di aprire un dialogo sulla convivenza e sulla collaborazione tra  le due facoltà. Se si ragiona in termini di rispetto reciproco e di pari dignità all’interno dei Benedettini, la gestione del’intero complesso non potrà che trarne beneficio. Stiamo scoppiando, è indubbio. Abbiamo più di diecimila studenti e c’è per tutti la necessità di allargare e di utilizzare al meglio gli spazi a disposizione. Perciò è’ indispensabile “farsi sentire” a livello di ateneo. Inoltre è importantissimo sollecitare  una concertazione tra l’università e l’amministrazione cittadina per la valorizzazione di questa parte così importante del centro storico di Catania, con riferimento all’intero quartiere e attraverso un dialogo con gli abitanti del quartiere. E’ una strada da percorrere  tutti insieme, solo così  potremo farci ascoltare. Al momento, purtroppo, mi sembra invece che si voglia procedere in ordine sparso, accentuando contrapposizioni ingiustificate e nocive.”

 

Nel suo programma si insisteva sull’autonomia dell’università e, durante il dibattito, lei ha parlato di rischi di sudditanza nei confronti di “poteri forti”. Potrebbe spiegarci meglio a cosa alludeva?

“ Se le Facoltà non hanno autonomia rischiano di essere acefale ed eterodirette. Bisogna capire che le scelte le fa la Facoltà, e che non siamo dipendenti di nessuno. Purtroppo negli ultimi anni il nostro ateneo ha perduto moltissimo terreno  in termini di autonomia dai partiti politici e dalle correnti di prtito. Succede pertanto che le elezioni per le cariche accademiche vedano sempre più spesso interferenze e contaminazioni che non salvaguardano l’autonomia. L’università rischia di essere esposta a  interferenze e a contaminazioni improprie. Dobbiamo invece essere particolarmente gelosi della nostra autonomia, saper impostare un dibattito chiaro sulle scelte della politica universitaria e saper contrastare ogni forma di degenerazione clientelare.  Sono stato particolarmente lieto di trovare il preside Pioletti perfettamente d’accordo con me su un aspetto così delicato e così essenziale.”


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