Cosa pensano gli studenti dell’Università di Catania sulla guerra in Iraq?

La realtà della guerra in Iraq è scomoda per tutti. Come ogni guerra è sicuramente deprecabile e giorno dopo giorno scatena pareri contrastanti. L’approccio con queste tristi realtà non è nuovo, ma la guerra in Iraq ci coinvolge da vicino in quanto l’esercito italiano stesso ne è protagonista sia nel bene che nel male. Siamo tutti orgogliosi di essere italiani, ma questi palcoscenici fanno nascere in ognuno di noi concezioni e idee diverse.

 

La nostra redazione si è recata in giro per l’ateneo catanese a svolgere un sondaggio d’opinione tra le facoltà che contano più iscritti, ovvero, Lingue e Letterature Straniere ( “culla” del nostro magazine), Lettere e Filosofia, Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economia e Commercio e Ingegneria. 

 

Abbiamo intervistato trentuno studenti.

 

Rispondendo alla domanda ”cosa pensi della guerra in Iraq, è legittima o illegittima?” , si sono così espressi:

diciotto pensano sia illegittima e ingiustificata,  che si sarebbe potuta evitare con una diplomazia più forte e incisiva. Come ogni altra guerra, non fa onore all’uomo e cerca di  manipolare, snaturare l’essenza della cultura locale, quella orientale, innestandovi elementi, tradizioni, stili di vita e di pensiero propri del mondo occidentale. In breve, si tratterebbe di una guerra colonizzatrice e, pertanto, negativa. Si pensa sia il petrolio la causa scatenante.

 

D’altra parte sei dei trentuno intervistati pensano sia giusta in quanto destabilizzatrice di una dittatura opprimente e violenta. Gli Stati Uniti stanno contribuendo alla formazione di un governo democratico e pacifista.

Ancora, altri sei studenti pensano che per alcuni versi sia giusta,  perché fautrice di un’opera di debellamento del terrorismo e di rovesciamento di un governo dittatoriale, per altri versi sia sbagliata, in quanto si tratta di un’invasione militare di un paese a scopi economici o colonizzatori, operata in modo violento sui civili.

Uno dei trentuno intervistati si astiene.

 

 

Alla domanda:”l’Italia dovrebbe ritirare le truppe?”

quindici studenti pensano che l’Italia non doveva prendere parte alle operazioni militari in Iraq e poiché questo è già accaduto, il governo deve prendere la risoluzione di fare rimpatriare le truppe immediatamente, per evitare altro inutile spargimento di sangue, tra l’altro senza l’approvazione delle Nazioni Unite, affiancando una politica di espansione statunitense. 

Quattordici pensano che poiché l’Italia è intervenuta per la realizzazione di un governo democratico, debba continuare il suo operato per non lasciare il paese nel caos e per portare aiuti umanitari ad una popolazione svilita da una guerra logorante. Due studenti pensano che l’Italia non avrebbe dovuto mandare contingenti militari se non per aiutare a costruire la pace, ma poiché ciò non è successo debba rimanere per non perdere la stima delle altre nazioni e per poter dare almeno adesso l’aiuto necessario.

Uno studente si astiene.

 

 

L’ultima domanda è stata:”Credi che i media stiano dando un’informazione adeguata?”.

A questa domanda quattordici persone credono che giornali, radio e televisione abbiano dato una fascia d’informazione adeguata all’argomento, e che siano stati alla fine veritieri nel riportare gli eventi accaduti in una terra così lontana.

Sette studenti credono che l’informazione sia stata inadeguata e scadente per un argomento così delicato e complicato, lasciando la popolazione disinformata su fatti che avrebbero dovuto  rivestire un’importanza più rilevante.

Altri otto ragazzi pensano che, invece, l’informazione sia stata pilotata e boicottata da governi, istituzioni e personalità di spicco, in modo da riportare notizie se non propriamente false, quantomeno non corrispondenti in pieno alla verità. Credono che non si siano voluti divulgare notizie e verità brucianti, o potenzialmente lesive per chi attualmente detiene il potere o l’autorità. Infine, uno studente non sa, un altro si astiene.

 

Queste sono le risposte di una parte degli studenti del nostro ateneo, studenti che hanno preso coscienza di un fenomeno di politica internazionale e se ne sono fatti un’opinione. Ma queste risposte non debbono lasciarci indifferenti, poiché rappresentano in larga misura tutto l’ateneo e quindi tutti noi, e noi non possiamo far sì che una guerra continui e volga al suo epilogo senza che abbia lasciato traccia nella nostra mente, non perché facciamo parte di uno stato, ma perché facciamo parte dell’umanità, e in questi mesi in Iraq c’e in ballo la sorte di una parte dell’umanità, di una parte di noi.  


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