Una storia da romanzo per un capitolo della Catania calcistica che finora è stato praticamente dimenticato. Il nome di Mustafa Doma, con tutta probabilità, non direbbe nulla neanche ai tifosi più appassionati. Dietro il suo nome, però, si cela una vita intensa, anche se durata troppo poco, e tante particolarità che valgono la pena di essere raccontate. Il primo vero funambolo che ha fatto sognare i supporter etnei non era siciliano e neanche europeo: si trattava di un ragazzo nato a Bengasi nel 1908 e arrivato dalla Libia nel 1929 per aggregarsi a quella che all’epoca era denominata Società Sportiva Catania, creata ad hoc per disputare il primo campionato nazionale di seconda divisione.
Una stagione terminata al nono posto (con un successivo ripescaggio nella serie superiore) che aveva avuto due protagonisti: uno è Nicolò Nicolosi, è ricordato ancora oggi come uno dei più grandi cannonieri rossazzurri. L’altro è proprio Mustafa Doma, terzino che faceva delle doti fisiche e tecniche il suo punto di forza. A celebrare l’atleta con un murale, presente da qualche giorno in piazza Carlo Alberto, è stato l’artista Simone Ferrarini: un emiliano che spesso, per lavoro, è presente nell’Isola. «Assieme al collega Luca Prete – racconta a MeridioNews – avevo pensato di creare un’opera da dedicare a tutte quelle persone giunte qui attraverso gli sbarchi. Siamo andati in cerca di una storia positiva e ci siamo imbattuti in quella di Mustafa Doma. Ho cercato di lui sui social – ricorda l’intervistato – senza trovare granché».
L’illuminazione arriva all’improvviso: «Lo scorso Natale sono stato contattato da Mohammed, ragazzo libico e appassionato di calcio italiano che ha intercettato il mio vecchio appello pubblicato sui social». É stata la svolta. «Mohammed mi ha inviato alcune immagini di Mustafa, raccontandomi la sua storia completa. Ho così scoperto che Doma ha iniziato a giocare in una squadra libica chiamata Simperi Bronte (fondata da persone emigrate lì dalla cittadina etnea, ndr), arrivando in Sicilia proprio per giocare col Catania. Era fortissimo – ribadisce Ferrarini – e giocava nell’allora campo del dopolavoro ferroviario di Acquicella a piedi nudi, incantando il pubblico». Un particolare che acquisisce sostanza grazie a una foto d’epoca, in cui Mustafa viene definito «acrobatico terzino della S.S. Catania».
L’anno successivo il calciatore non veste più il rossazzurro. Il ritorno in Libia, che lo vede prima giocare per l’Al-Sabri e poi fondare l’Al-Falagr, ha però risvolti tragici. Nel 1944 viene infatti ucciso in circostanze mai chiarite da un soldato italiano: «Una morte per cui non ha avuto giustizia – ricorda Ferrarini – dato che, stando alle informazioni raccolte, lo Stato ha tutelato il militare in questione, dichiarandolo infermo mentalmente». Una storia tragica e avventurosa al tempo stesso che ha spinto Simone Ferrarini a dedicargli un piccolo murale in piazza Carlo Alberto. Il luogo scelto non è casuale: ogni domenica pomeriggio, proprio in quello slargo, gioca il San Berillo Calcio Junior, squadra multietnica di quartiere che riunisce ragazzini provenienti da ogni angolo del globo.
«Tutti i campi – ricorda lo street artist – hanno un nome. Dare una sorta di targa alla piazza è stato importante, anche per ricollegare idealmente due tipi di calcio molto vicini tra loro: quello giocato in uno spiazzo in cemento: è così per i ragazzi di San Berillo, lo è stato molti anni fa per Mustafa Doma». Gli stessi componenti della squadra, poi, si sono interessati al lavoro di Ferrarini, aiutandolo e riempiendolo di domande: «Quando ho spiegato loro la storia erano felicissimi: si sono sentiti immedesimati. É giusto – conclude – che Catania inizi a ricordare la figura di questo pioniere del calcio africano: uno dei primi idoli che abbia mai vestito la maglia rossazzurra».
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