Caso Saguto, dopo la requisitoria dell’accusa spazio alla difesa Parla il legale: «Mia assistita assolta dalla maggioranza dei reati»

«La sentenza di primo grado ha assolto la mia assistita dalla stragrande maggioranza dei capi di imputazione». Ninni Reina, legale dell’ex giudice Silvana Saguto, ha cominciato la sua arringa difensiva nel processo d’appello che si celebra davanti alla Corte d’appello di Caltanissetta, nell’aula bunker del carcere Malaspina. L’ex magistrata, pantalone e maglione marrone con una collana lunga, è in aula, per la prima volta dall’inizio del processo di secondo grado. Con lei ci sono anche il marito, Lorenzo Caramma e il figlio Emanuele Caramma, tutti imputati. Saguto deve rispondere di corruzione e abuso d’ufficio per avere, secondo l’accusa, organizzato, quando era a capo della sezione Misure di prevenzione del Tribunale, un vero e proprio Sistema Saguto per la gestione dei beni sequestrati e confiscati. 

Al termine della requisitoria, nella scorsa udienza, la pm Claudia Pasciuti ha chiesto la condanna a dieci anni di carcere: un anno e mezzo in più rispetto alla condanna riportata in primo grado, quando l’ex magistrata, nel frattempo radiata dall’ordine giudiziario, venne condannata a otto anni e mezzo di reclusione. Ma i giudici non ritennero l’ex magistrata colpevole di associazione a delinquere. Mentre l’accusa, guidata dalla pm Claudia Pasciuti, durante la requisitoria ha ribadito che «l’associazione c’era tra Saguto, il marito Lorenzo Caramma e l’avvocato Cappellano Seminara». 

«C’è questo senso ottundente rispetto al quale l’avvocato che avverte il peso, la responsabilità della funzione trova un’ancora di salvezza – ha detto Reina -, ma è tutto mio questo peso?. E parla di dramma umano e sanzionario». L’accusa ha chiesto anche un aumento della pena, oltre che per Saguto, per l’amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara (otto anni e tre mesi), in primo grado condannato a sette anni e mezzo. Al termine della requisitoria, nell’ultima udienza, sono stati chiesti, inoltre, aumenti di pena per altri imputati: sette anni e due mesi per l’ex professore della Kore Carmelo Provenzano condannato in primo grado a sei anni e dieci mesi; sei anni e mezzo per Lorenzo Caramma, marito di Saguto, condannato in primo grado a sei anni e due mesi di carcere; per Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario, condannato in primo grado a sei anni e due mesi, chiesti sei anni e quattro mesi di carcere. Per gli altri imputati del processo d’appello è stata chiesta la conferma della sentenza di primo grado. L’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo venne condannata in primo grado a tre anni. 

Chiesta la conferma anche per Walter Virga, condannato in primo grado a un anno e 10 mesi, per l’amministratore giudiziario Roberto Santangelo, condannato a sei anni due mesi e dieci giorni, per il colonnello della Dia Rosolino Nasca (quattro anni), per il professor Roberto Di Maria (due anni otto mesi e venti giorni) per Carmelo Provenzano, professore dell’università Kore di Enna (sei anni e dieci mesi), la moglie Maria Ingarao (quattro anni e due mesi), la cognata Calogera Manta (quattro anni e due mesi), per Emanuele Caramma, figlio dell’ex giudice, chiesta la conferma della condanna a sei mesi. Assolti invece in primo grado il padre dell’ex giudice, il novantenne Vittorio Saguto, Aulo Gabriele Gigante e il giudice Lorenzo Chiaramonte. Assoluzioni diventate definitive. 


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