Un commento, quello della presidente, che ritorna sull'inchiesta divampata pochi giorni fa, a una settimana dalla ricorrenza della strage di Capaci. L'allarme: «Si è smarrita la strada della dignità. Negli ultimi decenni si è finito con il tollerare furbetti e mascalzoni a vario titolo»
Caso Montante, la condanna della Confcommercio Di Dio: «La corruzione è una zavorra per lo sviluppo»
Non si placa il clima attorno alla vicenda scoppiata pochi giorni fa, che ha visto finire sotto inchiesta l’ex numero uno di Confindustria Sicilia Antonello Montante, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione, dalla corruzione alla rivelazione di segreti d’ufficio, all’accesso abusivo a un sistema informatico. Dura la condanna da parte dei vertici della Confcommercio Palermo. «A parole tutti sanno essere professori di etica, ma viviamo una fase involutiva e i cittadini hanno finito con l’abituarsi alla piaga della corruzione – commenta la presidente Patrizia Di Dio -. Se chi commette un illecito non viene più messo ai margini, isolato, il rischio è che prevalga una sorta di “giustificazione”, se non peggio assuefazione. Si continuano a spendere fiumi di inchiostro sul tema della legalità, ma occorrerebbe parlarne meno e metterla più in pratica, perché emergano quei modelli silenziosi di semplice normalità a fare il proprio dovere, innanzi tutto per se stessi».
«Cultura civica, senso dello Stato, amore per quello che facciamo – prosegue -. Se riusciamo a costruire una cultura della coscienza e della dignità facendo il nostro dovere senza clamore possiamo da semplici cittadini essere degli eroi silenziosi coltivando quella legalità e quel rispetto per la democrazia che sono stati punti centrali del sacrificio di eroi come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e di tutti gli altri magistrati, uomini e donne delle forze dell’ordine che hanno perso la vita per mano mafiosa. Dobbiamo essere capaci di costruire le coscienze non solo sul paradigma dei morti ma anche sulla coscienza civile che deve essere viva e dei vivi». Un riferimento, il suo, che tira in ballo proprio l’imminente ricorrenza della strage di Capaci del 23 maggio ’92 e di quella di via D’Amelio del 19 luglio ’92.
«La corruzione – prosegue ancora Di Dio – è anche una zavorra per lo sviluppo. Un fenomeno ormai dilagante davanti al quale non bastano sanzioni e azioni repressive. Per arginarla serve una nuova educazione all’etica che parta anche dalle famiglie, primo nucleo di formazione delle future generazioni. Si è smarrita la strada della dignità. Negli ultimi decenni si è finito con il tollerare furbetti e mascalzoni a vario titolo, l’arte di arrangiarsi anche superando i confini del lecito con una subcultura ammiccante e prevaricatrice nei confronti di scorciatoie, opportunismi e sete di arrivismo e potere».