L'idea lanciata per primo dal sindaco del piccolo borgo del Palermitano è stata ripresa negli anni da diversi Comuni, senza però ottenere risultati positivi. A partire da Salemi, dove Vittorio Sgarbi commise l'errore di espropriare gli immobili. Prove anche a Regalbuto e Capizzi, ma spesso prevale la reticenza dei proprietari
Case a un euro, l’esperimento mezzo fallito Diversi tentativi, ma successo solo a Gangi
Fare rivivere i centri storici dei piccoli borghi, per combattere lo spopolamento dovuto all’emigrazione e ridare speranza all’economia locale. L’iniziativa delle case a un euro, lanciata anni fa da diversi Comuni siciliani, è stata capace di attirare l’attenzione dei media stranieri, incuriositi da quelle che erano offerte a dir poco convenienti: ricevere in regalo un’abitazione storica a patto di rimetterla a nuovo.
Passato il clamore, il fenomeno sembra essersi affermato soltanto a Gangi, in provincia di Palermo. Il primo centro a pensare alla possibilità di cedere le abitazioni, pur di sottrarle dallo stato di abbandono in cui versavano. «In molti pensano che il Comune capofila sia stato Salemi – racconta il sindaco Giuseppe Ferrarello – ma in realtà siamo stati noi nel 2009. Poi è venuto Vittorio Sgarbi all’epoca primo cittadino del Comune trapanese. Anche se lì – continua – non sono riusciti a venderne neanche una». Il motivo lo spiega lo stesso sindaco di Gangi. «Il Comune di Salemi scelse di espropriare gli immobili abbandonati, ma ciò portò a un impedimento. Nel momento che il bene rientra nel patrimonio pubblico non può né essere regalato né venduto senza passare da una valutazione tecnica che ne stimi il valore di mercato».
Per l’amministrazione salemitana, il rischio sarebbe stato quello di sconfinare nel danno erariale. Possibilità evitata a Gangi, dove il Comune ha scelto di porsi come semplice intermediario tra i privati. «Dopo aver constatato il disinteresse dei proprietari a ristrutturare gli immobili, abbiamo fatto un avviso pubblico in cui chiedevamo la disponibilità di cederli gratuitamente – prosegue Ferrarello -. Il nuovo proprietario in cambio avrebbe dovuto pagare l’atto notarile e impegnarsi a ristrutturare la casa entro tre anni». Tuttavia, l’idea di regalare un immobile, per quanto abbandonato, in un primo tempo non è andata a genio. «Qualche resistenza c’è stata e per i primi due anni non siamo riusciti a cederne neanche una – ammette il primo cittadino – ma via via i proprietari hanno accettato, anche perché per loro significava non essere più responsabili della manutenzione delle case».
Oggi a Gangi sono oltre 40 le case rinate. Alcune sono diventate bed and breakfast, altre ospitano vacanzieri, soprattutto da oltre confine. «La prima casa è andata a una famiglia di Caltanissetta – ricorda Ferrarello – anche se a interessarsi a Gangi sono stati perlopiù famiglie straniere dei ceti medio-alti. Ci sono tedeschi, francesi, ungheresi. Vengono a fare le vacanze in estate». I benefici per il Comune sono indiretti, ma comunque importanti. «Si è creato un indotto, che ha stimolato l’economia locale. Chi ristruttura una casa non si porta il muratore dall’estero ma si affida a imprese locali – sottolinea -. E il discorso vale anche per i ristoratori che hanno trovato una nuova clientela. Nel nostro caso, poi, ci ha aiutato l’essere stati nominati borgo dei borghi nel 2014».
Come detto, però, il piccolo centro palermitano rappresenta un caso isolato. A distanza di quattro anni dallo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, a Salemi le case a un euro rimangono ancora un’idea. «Non è un progetto abbandonato – commenta l’assessore al Turismo, Giuseppe Maiorana – ma bisogna capire quale strada percorrere per concedere ai privati gli immobili, che oggi fanno parte del patrimonio comunale».
Spostandoci verso est, altri due Comuni hanno annunciato di voler riqualificare i propri centri storici: Capizzi, in provincia di Messina, e Regalbuto, nell’Ennese. In entrambi i paesi, tuttavia, si tratta di progetti in divenire. «Il processo è allo studio dell’ufficio tecnico – dichiara il sindaco di Regalbuto, Francesco Bivona -. Abbiamo pensato di recuperare un’area del centro storico, e pensiamo di espropriare per poi cederlo al privato al prezzo più basso possibile. Problemi erariali? Anche per evitare questo rischio stiamo cercando la soluzione migliore». A Capizzi, invece, per il momento prevale la reticenza dei proprietari: «Sono diverse le persone che hanno mostrato interesse per gli immobili abbandonati – spiega il sindaco Giacomo Leonardo Purrazzo – ma per ora non c’è stata nessuna disponibilità alla donazione. Perché? Probabilmente pensano di poterli vendere a prezzi maggiori».