«La Sicilia ha il 43,3 per cento di tutti i beni confiscati nel territorio nazionale. Una sola sede a Palermo non basta, ecco perché abbiamo scelto di aprirne un’altra a Catania». Il prefetto Giuseppe Caruso, direttore dell’Agenzia nazionale per la gestione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, in visita ieri alla Prefettura, ha annunciato così la creazione di una nuova filiale nel capoluogo etneo. La sede scelta è un appartamento in viale Africa, sottratto ai coniugi Antonino Napoli e Grazia Ferrera, quest’ultima della famiglia mafiosa dei Cavadduzzu. Quattro vani al primo piano di un palazzo a qualche decina di metri da piazza Europa. «L’appartamento alla Ferrera gliel’ha comprato suo padre Cavadduzzu, non si sapi cu quali soddi. All’interno il pavimento è in marmo, sembra di stare in una cattedrale», spiega un inquilino del palazzo. Quattro vani con un grande salone: è da qui che gli uomini dell’Agenzia lavoreranno alla complicata gestione dei beni confiscati nelle province orientali dell’Isola.
L’appartamento in realtà era molto più grande ma è stato diviso. Solo una parte, quella intestata a Grazia Ferrera, è stata confiscata. L’altra rimane di proprietà del marito, Antonino Napoli. «L’avevano messa in vendita, ma volevano 600mila euro, senza contare le ipoteche», racconta un residente. Problemi che anche il direttore Caruso è costretto ad affrontare. «In linea teorica il patrimonio dei beni confiscati rasenta una piccola finanziaria, ma la maggior parte è afflitta da grossissime criticità – ha spiegato il prefetto – Ipoteche per le quali dobbiamo batterci con le banche, prima di tutto per sapere se, quando hanno concesso il credito, c’era la buona o la malafede, e poi costruzioni abusive o occupate anche dagli stessi prevenuti». Ostacoli che portano ad allungare il tempo che passa dal sequestro del bene al suo riutilizzo: in media tra gli otto e i dieci anni. Motivi per i quali si discute della riforma della legge che ha istituito l’Agenzia nazionale. «Una norma brillante – ha spiegato Caruso – ma che nella fase di applicazione ha fatto intravedere delle criticità per le quali sono state proposte delle modifiche in discussione con la legge di stabilità. Speriamo che vengano approvate in maniera da renderla più efficace».
Intanto chi vive o lavora in viale Africa giudica positivamente l’apertura della filiale catanese dell’Agenzia. «So che ci sono moltissimi immobili confiscati in città, ma troppo spesso rimangono chiusi ed è uno spreco, ben venga questa notizia – afferma il negoziante Carmelo Corsaro – Io faccio parte di una comunità cristiana e abbiamo chiesto in passato la possibilità di avere in gestione uno di questi beni, ma sembra impossibile senza l’interessamento di un politico». Residenti e commercianti sono tutti dello stesso avviso. «E’ importante usare i beni confiscati per fini sociali», spiega Tiziana Genovese, dipendente in un negozio di telefonia sottostante all’appartamento dove nascerà la sede dell’Agenzia. «Per noi – aggiunge – può essere solo un valore aggiunto». E c’è chi pensa anche ai risvolti pratici. «E’ probabile che ci sarà un piantone fisso davanti al portone del condominio – sottolinea Pietro Rossi, residente nel palazzo – Così staremo più sicuri e magari anche le prostitute che la sera arrivano fin sotto casa se ne staranno alla larga».
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