B come Brocardo, utile in ogni situazione

Agosto, moglie mia non ti conosco. Se esiste un periodo dell’anno in grado di incarnare al meglio il concetto di sintesi quello è di sicuro l’ottavo mese appena giunto agli onori della cronaca 2021. Caldo anche al palato come solo un vino strutturato è in grado di fare, il mese di agosto porta con sé una valigia carica di riflessioni ciniche, di congetture giuridiche e di domande esistenziali. Per tale essenzialissima motivazione, dunque, la seconda parola attesa per il consueto appuntamento della rubrica Avvocata Cinica non poteva che essere: brocardo, o broccardo che dir si voglia per gli amanti della cacofonia. Spieghiamone la ragione. 

Il collegamento ontologicamente esistente tra il mese di agosto e l’astrazione appena richiamata appare lapalissiano: così come agosto porta con sé una maledetta voglia di minigonne striminzite, di amnesia congenita dei rapporti duraturi, di mini t-shirt strizzate addosso insieme al sale di mare, al sudore e alla voglia di non rincasare mai, anche il concetto di brocardo, con lapidaria e concisa crudezza, enuclea all’interno di sole otto – o nove – lettere un numero indefinito di locuzioni, concetti e leggi eterne, che giammai potrebbero essere rimembrate dai più se non per il sintetico travaso delle innumerevoli nozioni all’interno di un solo, misero, brocardo. 

Riuscireste a ricordare ogni singolo momento del mese d’agosto senza far ricorso ad una foto distrattamente rinvenuta sullo smartphone, ad una evocativa macchia di vino lasciata su una gonna o senza guardare uno strappo involontario sul pantaloncino di jeans, promosso da scosciato ad inguinale proprio a cagione di quell’accadimento che, senza l’evidenza di aver reso svergognato un capo d’abbigliamento, sarebbe caduto nell’oblio? Ebbene, allo stesso modo nessun buon giurista riuscirebbe a ricordare interamente il diritto privato senza ricorrere ad un brocardo. 

L’essenziale a cui ci riporta il mese rovente per eccellenza così come la parola di oggi, sostiene inoltre uno dei pilastri di ecosostenibilità dell’epoca moderna con i quali dovremmo familiarizzare sino ad una completa assuefazione: ridurre al minimo (o all’essenziale appunto) ciò di cui aver davvero bisogno. Non è necessario caricare se stessi di orpelli, pensieri, carte fedeltà, abiti, fronzoli e velleità. Al contempo, non occorre uno scibile umano pronto da esibire per sopravvivere ad un tavolo culturale, davanti ad un giudice in tribunale, al primo colloquio di lavoro o, per di più, per raccogliere consensi alla primissima cena a casa dei genitori del fidanzato/a di turno. 

Per la fase A basta la nudità del mese di agosto, per la fase B, basta un brocardo. 

Immaginate la scena. 

Durante un allegro consesso al lido balneare caro sin dall’infanzia, sedete ad uno di quei tavolini da bar pieni di gente eletta in apparente sintonia verbale. Essere lì, in quell’agognato posticino all’ombra sorseggiando una bevanda rinfrescante, rappresenta una condizione di grazia sociale estrema ma mantenere vivamente nascoste le chiappe oramai a righe a causa dei listoni tubolari della sedia in plastica ove affossate non è l’unico prezzo da pagare. Infatti, solo ove riusciate a intervenire in maniera pertinente e tempestiva al qualunquismo delle discussioni intavolate non pagherete pegno con l’esilio forzato dalla postazione e la derisione di tutto il vicinato per il vostro deretano a strisce mestamente costretto ad attraversare la pubblica via. Il vostro sguardo è perso nel vuoto della goduria rinfrescata del drink che state ingurgitando e il vostro cervello vanta una velocità di elaborazione più ingolfata dello scatto di un bradipo. Proprio in quel momento, il più attivo dei commensali vi apostrofa con una domanda epocale, che dice tutto e niente della risposta che i presenti si aspettano: «E tu cosa ne pensi?» 

Che fare? Dichiarare di aver perso il filo? Rispondere una cosa a caso tipo: «non ci sono più le mezze stagioni»? Battere la ritirata simulando una telefonata improvvisa? Giammai senza essere sicuri di aver prima impostato il silenzioso. 

Quindi? Cosa fare? Il tempo passa e l’espressione inebetita aumenta. La risposta giusta è lì, a portata di mano. Banalmente, si ricorre ad un brocardo. Io suggerirei il sempre verde: «Ad impossibilia nemo tenetur», così violentemente sincero, appropriato, coerente e generico che nemmeno il bagnino di turno dopo aver salvato dall’annegamento quattro signore di mezza età si permetterebbe di dissentire sul fatto che nessuno è tenuto a fare l’impossibile. E voi quanti brocardi conoscete? 

E quanti brocardi, tra quelli che conoscete, vi hanno salvato la vita o quantomeno la faccia? Condividete e fate del bene. 

Vi voglio con la salute e abbronzati.

Eleonora Savoca

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