Un lunghissimo serpentone di auto per protestare contro la mancata realizzazione dell’autostrada Catania-Rausa. La statale 115 stamattina è stata inondata dalla manifestazione #Nonpossiamopiùaspettare, che ha visto la partecipazione di un migliaio di persone: sindaci, sindacati, associazioni di categoria, imprenditori. Al di là degli schieramenti politici. «Siamo veramente incazzati e non ci fermeremo qui – tuona dal palco improvvisato nella stazione di servizio il primo cittadino di Ragusa Peppe Cassì – ci inventeremo alte forme di protesta se la situazione non si sbloccherà, il tempo della pazienza è finito».
È lunga la storia dei 68 chilometri mai realizzati che dovrebbero unire con un’autostrada due delle città più attive della Sicilia, al momento collegate dalle statali 115 e 514, «praticamente un sentiero», la definizione del sindaco Cassì. «Per qualcuno l’Italia finisce 68 chilometri più a Nord ed è inaccettabile perché non abbiamo neanche l’alternativa del treno, siamo gli unici in tutto il Paese a subire questa condizione. A Trapani da 30 anni si arriva all’aeroporto di Punta Raisi in poco più di mezz’ora».
L’infrastruttura andrebbe realizzata in project financing, cioè da un privato – la società Sarc riconducibile a Vito Bonsignore, potente ex politico della corrente andreottiana della Dc e poi imprenditore – che investirebbe metà degli 800 milioni necessari a realizzarla (l’altra metà la mette il pubblico) e incasserebbe il pedaggio. Il nuovo governo gialloverde però ha prima annunciato, con la ministra del Sud Barbara Lezzi, lo sblocco della trattativa, per poi fare marcia indietro, sollevando una serie di perplessità: dal pedaggio troppo caro (tra i 12 e i 14 euro solo andata) all’affidabilità bancaria del privato. Ma allo stesso tempo la cabina di regia a Roma non ha neanche dato risposte alle diverse controproposte lanciate dal governo regionale per voce dell’assessore Marco Falcone, che si è impegnato a calmierare il pedaggio, arrivando fino a immaginare di realizzare solo con fondi pubblici l’intera opera.
La prossima tappa, che si annuncia decisiva, è stata fissata tra due giorni: lunedì 13 maggio il Cipe si riunirà e, stando a quanto annunciato dal governo nazionale, dovrebbe sciogliere le riserve. Ma intanto tra amministratori locali e chi quel territorio lo vive quotidianamente c’è preoccupazione. E la protesta di oggi mira a non far spegnere i riflettori su un tema cruciale. In coda al serpentone di auto che si sposta da una stazione di servizio all’altra c’è anche il segretario del Pd regionale, Davide Faraone: «Incivile – dice – percorrere una strada così pericolosa e così lenta».
«Senza un adeguato collegamento – attacca il sindaco di Ragusa – non c’è futuro, non c’è turismo, non c’è sviluppo economico. È un’infrastruttura cruciale per il Ragusano e non solo. Tutto dipende da qui. Venga qui il presidente del consiglio, vengano qui i due vicepremier che vedo sempre in giro per l’Italia». Intanto i primi cittadini annunciano di dare mandato a un legale di procedere con l’accesso agli atti per capire quali difficoltà frenano il via libera alla realizzazione. Possibile premessa ad altre azioni di tipo giudiziario.
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