Nelle carte dell'inchiesta Persefone gli inquirenti ricostruiscono la tensione tra due attività commerciali di Bagheria. In mezzo sono finiti i padrini, con i proprietari che hanno negato di avere subito intimidazioni
Zampino di Cosa nostra nella produzione di pizze e cannoli La mediazione tra bar e panificio. «È venuto chi comanda»
Estorsioni, appalti ma anche pizzette, cannoli e cassate. Cosa nostra continua a puntare sulla presenza nel territorio e così a Bagheria sembra essere tornata la mafia di una volta. È il 31 marzo 2019 quando dentro una Fiat Panda c’è seduto Carmelo Fricano, imprenditore edile molto noto in città, da tutti conosciuto con l’appellativo di «mezzo chilo». Per gli investigatori è un personaggio che gravita nel mondo mafioso, tanto da essere considerato vicino allo storico capo mandamento Leonardo Greco.
In macchina però Fricano sembrerebbe parlare di tutt’altro: «Hanno avuto questioni con quello del forno, che non deve fare dolci e cose», racconta al suo interlocutore. «Ma tu chi minchia sei che quello non deve fare dolci?», continua l’imprenditore. Gli investigatori cercano di mettere insieme i pezzi di questa chiacchierata e scoprono che dietro il forno e i dolci da non vendere ci sarebbe stata un’estorsione che avrebbe avuto tra i protagonisti Onofrio Gino Catalano, considerato per un certo periodo il reggente della famiglia di Cosa nostra a Bagheria.
Dietro l’intervento di Catalano, stando alla ricostruzione degli investigatori nelle carte dell’inchiesta Persefone, ci sarebbe stata l’esplicita richiesta del titolare di un bar che si trova a pochi metri di distanza da un panificio gestito da una coppia di coniugi. Semplice concorrenza tra commercianti in cui avrebbe messo lo zampino Cosa nostra. «Non deve fare i dolci – continua Fricano riferendosi al panificio – perché c’è quello di lato». L’imprenditore è particolarmente interessato alla vicenda non per questioni di palato ma perché la bottega del panificio è di proprietà della figlia. Fricano racconta di avere discusso animatamente con Catalano: «Ci sono andato io – racconta – gli ho detto “ma tu chi minchia sei?” Gli ho detto “vai a rompere la minchia” gli ho detto “a casa mia”».
Prima di arrivare allo scontro ci sarebbe stata anche una sorta di corsa al ribasso dei prezzi di cassate e cannoli. «Già li avevamo a 1,50 euro e lui li metteva a un 1,30 euro – racconta una donna a Fricano – Noi altri li abbiamo messi 1,30 euro e loro li hanno messi a un euro e quindi abbiamo dovuto fare tutto a un euro». Convocati dai carabinieri i proprietari del panificio hanno negato di essere sotto estorsione ma confermato di avere interrotto la produzione in pasticceria a febbraio 2019. Il motivo? «Non c’era una grande vendita – raccontano agli inquirenti – ma credo anche che la gente preferisca acquistare la pasticceria al bar di fronte al panificio».
Dalle intercettazioni emerge però un quadro diverso. Il proprietario del panificio avrebbe partecipato a un summit, insieme a Fricano, all’interno del bar, con l’obiettivo di discutere la richiesta di fermare la produzione di dolci. In quel contesto, insieme ad altre persone presenti, si sarebbe arrivati all’accordo: «”Tu ti togli il fatto delle cose … e lui si toglie le pizze” e così ho fatto». Mediazione andata e buon fine anche perché «quando il sole aggiorna, aggiorna per tutti».