Femminicidio Avola, confermata condanna per il 22enne L’avvocato: «Faremo ricorso: è incapace di intendere»

I giudici della corte d’Appello di Catania hanno emesso una
sentenza di condanna a 30 anni di reclusione per omicidio, nei confronti di Giuseppe Lanteri. Il 22enne di Avola (in provincia di Siracusa) è accusato di avere ucciso la madre della sua ex fidanzata, Loredana Lopianoinfermiera in servizio all’ospedale Di Maria di Avola. La sentenza conferma quella di primo grado già emessa a novembre del 2019 dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Siracusa a termine del processo celebrato con il rito abbreviato. «Faremo ricorso in Cassazione – annuncia a MeridioNews l’avvocato Antonino Campisi che difende il giovane – perché per noi Lanteri è incapace di intendere e di volere». 

Cinque le coltellate con cui, il 27 settembre del 2018, la vittima è stata uccisa davanti alla porta della sua abitazione dove l’imputato – che ha sempre sostenuto e continua a sostenere di non ricordare l’aggressione – era andato per un chiarimento dopo la fine della relazione con la sua fidanzata, una delle due figlie della donna. Nella perizia psichiatrica del ragazzo, che all’epoca dei fatti aveva 19 anni e frequentava l’istituto alberghiero, il consulente del tribunale parla di una epilessia da cui sarebbe affetto il giovane che «al momento dei fatti, presentava lievemente scemata la capacità di intendere e di volere».

Il legale, a conclusione della sua arringa, ha chiesto l’assoluzione dell’imputato perché «sono emerse delle incongruenze – sostiene Campisi – Prima tra tutte, il fatto che la perizia è stata effettuata sul mio assistito a distanza di mesi dai fatti quando il ragazzo era già anche stato sottoposto a delle cure». L’avvocato difensore ha chiesto una nuova perizia, «richiesta che – riferisce – è stata rigettata perché secondo la Corte, a distanza di così tanto tempo, non sarebbe più possibile stabilire l’eventuale infermità». Lantieri intanto rimane detenuto nella casa circondariale Cavadonna di Siracusa dove «è seguito da sanitari ed educatori del carcere, lavora e sta anche seguendo un corso di cucina».


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