Lega, allargamento della base crea diversi mal di pancia «Campagna funzionale solo alla candidatura di Minardo»

Dal longobardo carroccio al sicilianissimo carretto, nella speranza che si riveli quello dei vincitori. Starebbe tutta qui – si fa per dire – la trasformazione che la Lega sta subendo in Sicilia. A farlo notare in questo caso non sono gli oppositori e neanche chi non ha mai concepito l’idea che il salvinismo potesse attecchire al di qua dello Stretto. Con raccomandazioni sulla riservatezza delle riflessioni, i brontolii, che da qualche parte sono già diventati palesi malumori, arrivano dall’interno. Nel mirino è finita la fase di espansione che la Lega, sotto la guida del parlamentare modicano Nino Minardo, sta vivendo nelle nove province. Una crescita che soltanto i più naif potrebbero pensare abbia fatto piacere ai salviniani della prima ora, quelli del folcloristico e simbolico successo a Maletto in occasione delle Europee 2014 e quelli del ben più importante risultato ottenuto cinque anni dopo quando, per il rinnovo dell’europarlamento, la Lega si spinse fino al 20 per cento.

All’origine dei mal di pancia c’è il più comune dei motivi quando si parla di politica ed elezioni: la paura di vedere il proprio partito preso d’assalto di chi cerca soltanto un mezzo per il proprio tornaconto. In questo caso l’appuntamento su cui tutti hanno già iniziato a puntare gli occhi sono le Regionali 2022. Una tornata che la Lega ha intenzione di vivere da protagonista. Ad avere questo obiettivo, assicura più di uno, è innanzitutto il segretario regionale. Minardo, attualmente parlamentare nazionale, con il passare delle settimane starebbe sempre più caldeggiando la possibilità di diventare il prossimo presidente della Regione. «Per riuscirci c’è bisogno di soldi e voti – riflette uno dei leghisti nostrani alludendo ai costi di una campagna elettorale -. E lui i primi li ha di certo, i secondi li sta costruendo». L’allargamento del consenso in una terra in cui la politica ruota attorno a grandi elettori passa spesso da quella che i più malevoli definiscono campagna acquisti. In questo senso la gestione Minardo starebbe facendo invidia ai migliori direttori sportivi. «Ex di Alleanza nazionale, alfaniani, forzisti… ci stanno cercando tutti, è normale che a qualcuno questa cosa non vada giù». E la riflessione prosegue così: «Che stiamo crescendo è sicuro, che lo stiamo facendo alla siciliana e allontanandoci dal salvinismo pure». L’ultima frase potrebbe essere pronunciata con diffidenza da un leghista dell’Oltrepò, ma non è così: «A furia di imbarcare tutti della Lega resta solo il nome», conclude.

Guardando alla parte occidentale dell’isola, a colpire nelle ultime settimane è stato l’ammutinamento di larga parte dell’ossatura del Carroccio in provincia di Trapani. Qui a non essere andata giù è stata la scelta di cambiare la guida provinciale, togliendola a Bartolo Giglio e affidandola a Maricò Hopps. Da queste parti ad avere un peso è stato in questi anni anche Giorgio Randazzo, consigliere comunale di Mazara del Vallo. La stessa città di Hopps, che però nel 2019 non è riuscita a spuntarla né in Consiglio né alle Europee. Ed è proprio a questa presunta impalpabilità della nuova commissaria che a inizio mese una sfilza di leghisti locali ha replicato autosospendosi. Negli ultimi giorni le frizioni sembrerebbero essersi allentate e in corso ci sarebbe una trattativa che potrebbero portare a una pace non armata. «Ma resta il fatto – fa riflettere qualcuno – che questo fine settimane i gazebo della Lega per i nuovi tesseramenti saranno allestiti soltanto in tre comuni della provincia». 

Altre due province dove c’è una certa tensione nell’aria sono Agrigento e Siracusa. Nel primo caso, qualche reazione arriva da chi non ha preso bene il patto che all’Ars ha visto stringersi la mano a Lega e al nuovo Mpa che, lontano dalle sigle, risponde a Roberto Di Mauro. In tal senso c’è chi ritiene che il peso specifico che il deputato regionale autonomista ha nell’Agrigentino rischia di demaurizzare il partito in provincia, pur rimanendone fuori. Un’influenza che con le Regionali non dietro l’angolo, ma neanche lontanissime, mette in apprensione quanti temono di non trovare posti in lista. Qualcosa di simile avviene a oriente. Nel Siracusano, infatti, a risultare ingombrante è stato l’ingresso di Enzo Vinciullo. L’ex parlamentare regionale eletto con il Pdl, e poi seguace di Angelino Alfano nelle due esperienze di Ncd e Alternativa popolare, è entrato in rotta di collisione con diversi leghisti della provincia. Ad Augusta il caso più eclatante, con un’altra serie di autosospensioni che sono seguite alla nomina a commissario cittadino di Rosario Salmeri e a una serie di esternazioni dell’ex deputato che non state gradite dalla base. «Noi per il coordinatore provinciale non esistiamo», è lo sfogo contenuto in un comunicato stampa in cui si denunciano le mancanze di Vinciullo. Nella stessa provincia a traballare ultimamente sarebbe anche il sentimento leghista del sindaco di Palazzolo Acreide Salvatore Gallo, a cui non sarebbero andate giù le ultime scelte di Minardo e nessun effetto calmante avrebbe procurato la nomina a viceresponsabile degli enti locali per la Sicilia orientale. 

«Al di là dei personalismi, il problema sa qual è? Che non si può vivere il ruolo di segretario regionale con l’unico obiettivo di prepararsi il terreno per provare a diventare governatore della Sicilia. Chissà quanti di questi neoleghisti saranno pronti a scendere giù dal carro se le cose non dovessero andare bene». Né carroccio né carretto, carro. 


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