Sindaco indagato parte civile nel processo contro il boss «Io ho solo ricevuto un avviso di garanzia e sono sereno»

Il 23 febbraio, il Comune di Barrafranca si costituirà parte civile nel processo Ultra che vede alla sbarra 46 imputati, tra cui il boss locale di Cosa nostra, avvocato ed ex politico democristiano Raffaele Bevilacqua e i suoi figli. Un procedimento scaturito dall’operazione della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, in cui il sindaco di Barrafranca Fabio Accardi è tra gli indagati. «È la prima volta che il Comune avanza la richiesta per costituirsi parte civile», ammette a MeridioNews il primo cittadino. Anche se la delibera con cui l’ente ha previsto questa possibilità per i procedimenti penali riguardanti reati di tipo mafioso è di maggio del 2019. «In questa vicenda io ho solo ricevuto un avviso di garanzia – sottolinea Accardi – ma sono sereno perché ho sempre agito in modo corretto e schierandomi contro la mafia». 

A fine agosto, però, il ministero dell’Interno ha inviato una commissione prefettizia per accertare eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata «tali da alterare il procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi». Il sindaco – che in passato ha rivestito il ruolo di presidente della Srr di Enna – è finito nell’indagine Ultra con l’accusa di corruzione aggravata dall’avere favorito Cosa nostra nella vicenda legata all’appalto settennale per la raccolta dei rifiuti su cui Bevilacqua aveva deciso di mettere le mani. Dalla carte dell’inchiesta è emerso anche un contatto tra il sindaco e il boss: una «importantissima videochiamata», come la definiscono gli inquirenti, avvenuta il 26 ottobre all’interno del bar Roma, gestito da Alberto Bevilacqua, il figlio dell’ex democristiano. Anche lui imputato nel procedimento insieme agli altri suoi fratelli, Giuseppe Emiliol’avvocata Maria Concetta.

«Io mi trovavo nel bar gestito dal figlio di Bevilacqua che, per me – spiega il sindaco a MeridioNewsera un ragazzo che stava cercando di costruirsi un futuro, e stavo prendendo un caffè e leggendo il giornale. A un certo punto, guardando Alberto gli ho detto: “Assomigli tutto a tuo papà“». Stando al racconto fatto da Accardi, a quel punto, il ragazzo si sarebbe girato tenendo il cellulare in mano con una videochiamata già avviata. «Quando ho visto la faccia di Raffaele Bevilacqua nello schermo mi si è gelato il sangue, mi sono sentito in imbarazzo – dice il primo cittadino che, anche all’epoca, era consapevole del fatto che il boss fosse agli arresti domiciliari – e ho solo fatto tre o quattro battute di circostanza. Poi abbiamo interrotto la conversazione, sono uscito dal bar un po’ turbato». 

Una ricostruzione totalmente diversa da quella fatta dall’accusa secondo cui in quella conversazione ci sarebbero stati dei riferimenti all’estorsione che la famiglia mafiosa era intenzionata a fare alle imprese che avevano vinto l’appalto per i rifiuti. «Il Comune non poteva non costituirsi parte civile in questo procedimento», conclude il sindaco che ha firmato la delibera di giunta «per tutelare l’immagine della città di Barrafranca, interpretando il sentimento popolare per il grave danno che tale delitto arreca al territorio e alla comunità barrese, e per la diffusione dell’immagine negativa del territorio e della collettività con gravi conseguenti ripercussioni sul tessuto economico e sociale». 


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