Comunali, alleanza giallo-rossa debutta con un pari Per M5s quasi solo bocconi amari. Bene centrodestra

Grandi ritorni, sperimentazioni che qui hanno successo mentre lì molto meno, affermazioni, sfide impossibili e attese per i ballottaggi. Le Amministrative 2020, pur essendo annunciate come un turno di basso profilo per l’assenza delle Città metropolitane, hanno riservato tutto quello che ci si aspetta dalle elezioni comunali. Tornate che più di ogni altre risentono di dinamiche che spesso trascendono la forza dei partiti. Ma nonostante ciò, le riflessioni di carattere generale non mancano a partire dall’esito della tanto attesa sperimentazione dell’alleanza tra Partito democratico e Movimento 5 stelle. Riproposizione della convivenza alla guida del governo nazionale resa possibile con il voto agostano su Rousseau da parte degli iscritti al partito fondato da Grillo.

L’alleanza M5s-Pd inizia con un pareggio
La prima assoluta in terra sicula si chiude con una vittoria e una sconfitta. La prima auspicata ma non certa, la seconda molto probabile. I sorrisi arrivano da Termini Imerese, dove Maria Terranova – consigliera uscente in quota cinquestelle – ha avuto la meglio già al primo turno, issandosi ben sopra il 40 per cento. Una vittoria dal forte valore simbolico: dall’altra parte, infatti, c’era Francesco Caratozzolo, il volto scelto dal centrodestra in formazione compatta, a eccezione dei meloniani. «La vittoria di Maria Terranova è la prova che Termini Imerese ha finalmente aperto gli occhi e ha deciso», è il commento a caldo arrivato dal Movimento 5 stelle. «Di un primo importante nuovo capitolo», parla invece il segretario regionale dem Anthony Barbagallo. Dove l’alchimia giallo-rossa non ha sortito effetti è Barcellona Pozzo di Gotto. Nella città del Messinese, Giuseppe Calabrò, forte di una coalizione che contava undici liste, ha portato il centrodestra alla vittoria; e nulla ha potuto lo sfidante, in quota dem Antonio Mamì.

Il destino diverso degli uscenti
Termini Imerese a parte, la giornata di ieri ha riservato soltanto bocconi amari per il Movimento 5 stelle. Il più pesante da digerire è quello proveniente da Augusta, dove i pentastellati hanno amministrato negli ultimi cinque anni. Un lustro segnato dalla dichiarazione di dissesto finanziario e dal coinvolgimento diretto nella gestione dell’accoglienza dei migranti, da cui, a conti fatti, Cettina Di Pietro ne è uscita con le ossa rotte: l’esponente pentastellata sin dalle prime battute dello spoglio è rimasta fuori dai giochi per il ballottaggio, che vedrà protagonisti l’ex sindaco Pippo Gulino e il consigliere uscente Giuseppe Di Mare. Chi invece ha affrontato l’ansia della riconferma a cuor leggero sin dalla chiusura delle urne è stato Maurizio Dipietro: a Enna l’esponente civico – di matrice dem ma comunque permeabile a influenze di area moderata – ha potuto alzare le braccia al cielo da subito. Il plebiscito – quasi il 60 per cento – ha messo da parte i veleni che hanno preceduto il voto, in merito al possibile coinvolgimento di alcuni candidati nell’indagine sui concorsi all’Asp e al Comune. Dovrà invece attendere due settimane Lillo Firetto. Il sindaco uscente di Agrigento si è piazzato secondo, dietro al suo ex assessore Francesco Miccichè, che per qualche ora ha sperato nell’elezione diretta. Qui la sfida è tutta all’interno del mondo autonomista tra i rispettivi referenti di Roberto Di Mauro e Carmelo Pullara, con refluenze all’interno dell’area di centrosinistra.

Il centrodestra sorride
La coalizione di centrodestra vince a Marsala dove il nuovo sindaco è Massimo Grillo, capace di convincere quasi sei elettori su dieci. Grillo ha sconfitto l’uscente Alberto Di Girolamo, che si è presentato sostenuto da Pd, Cento passi e due liste civiche. Tra queste a registrare il migliore risultato è stata la lista di Claudio Fava che si è spinta fin sopra l’otto per cento. In provincia di Catania, Forza Italia ha messo in cassaforte le vittorie a Mascali, Trecastagni Bronte, dove l’81enne Pino Firrarello è tornato alla guida del Paese nonostante il centrosinistra si sia proposto a sostegno dell’uscente Graziano Calanna con un campo largo che andava da Italia Viva a Fava. Affermazione per il centrodestra anche a Milazzo, dove Pippo Midili ha superato la soglia del 40 per cento, necessaria per la vittoria al primo turno, grazie alla maxi-coalizione trainata da Forza Italia, Diventerà Bellissima e Fratelli d’Italia.

Corse in solitaria, debacle e attivisti
Lontano dalle analisi di ampio respiro, anche in questa tornata elettorale non sono mancate le storie curiose per motivi diversi. C’è per esempio chi – come Giuseppe Pizzolante a San Salvatore di Fitalia (Messina), Salvatore Sutera a Gibillina (Trapani) e Giuseppe Minutilla a San Mauro Castelverde (Palermo) – ha potuto stappare lo spumante non appena arrivato il dato definitivo sull’affluenza. Quando infatti si è gli unici candidati per essere eletti basta che a votare vada il cinquanta per cento più uno dei votanti. A Centuripe – il centro dell’Ennese su cui negli ultimi mesi si sono accesi i riflettori per l’interesse di Oikos – a vestire la fascia di primo cittadino sarà Salvatore La Spina, in prima linea tra gli attivisti che si oppongono alla maxi-discarica. Infine c’è Antonio Ingroia: l’ex magistrato, da tempo attivo nelle vesti di avvocato, è tornato in campo in politica dopo l’esperienza fallimentare di Rivoluzione civile. Ingroia è stato candidato sindaco a Campobello di Mazara, ma nonostante gli appelli al voto disgiunto non è andato oltre il 18,62 per cento. Buono soltanto per non arrivare ultimo.


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