Mama Mary, green economy e i tanti volti della canapa Fondatori: «Maggiore predisposizione a questo settore»

Dopo il lockdown dovuto alla pandemia e in un momento di forte crisi economica, «l’Italia dovrebbe puntare su innovazione, green economy ed economia sostenibile, per ripartire dalla terra». Ne è fortemente convinto Andrea Batticani, fondatore, insieme al fratello Enrico, di Mama Mary, azienda che sviluppa innovazioni e prodotti di consumo legati all’economia green.

In una parola: canapa a 360 gradi, dall’abbigliamento agli olii e agli estratti, da alimenti e bevande ai cosmetici. Ma, soprattutto, la medicina. Sono tanti gli ambiti in cui opera il team, quasi tutto made in Sicily. Merito dei fratelli originari di Bronte Andrea, 31 anni, ed Enrico, 27, che studiando fuori e rientrando in Italia hanno invertito la tendenza dei cervelli in fuga, portando crescita e occupazione nella loro terra.

«Dopo diverse esperienze di studio e lavoro all’estero, tra l’Olanda e gli Stati Uniti, in cui abbiamo lavorato nell’ambito delle start up, siamo tornati in Italia per investire nel nostro territorio in un settore piuttosto nuovo e ancora molto sottovalutato nella penisola, quello della canapa», spiega Andrea a MeridioNews.Un interesse, quello per l’economia verde, nato quasi per caso. Dopo gli studi alla Luiss e l’esperienza all’estero i due fratelli nel 2018 hanno fondato Mama Mary, che si occupa di produzione e commercio di canapa, funziona da incubatore di idee e vanta già un magazine, un’etichetta discografica e una serie di prodotti che ruotano attorno al mondo della canapa.

«Uno dei prodotti che abbiamo sviluppato e incubato, per fare un esempio concreto, è Bobmybox, il primo eco-multipack con sei prodotti in uno che si trova nei distributori. Per risparmiare sul packaging, all’interno di un’unica confezione si trovano gomme, caramelle, filtri, cartine, preservativi e fiammiferi». Le start up si rivolgono a Mama Mary per sviluppare un’idea innovativa e i ragazzi possono investire direttamente su quell’idea o mettere a loro disposizione le loro conoscenze per renderla concreta.

Un’altra start up che è passata dal loro acceleratore è WeMed, la prima app di telememedicina assistita per connettersi con medici e farmacie. Il cliente può mettersi in contatto con i camici bianchi che, una volta verificato lo stato di salute, possono prescrivere terapie a base di cannabinoidi, inviando la ricetta via pec, proprio come sta avvenendo in questo periodo di pandemia.

«Siamo sempre alla ricerca di medici interessati ad entrare nella nostra rete, che credano in questo tipo di terapie. Soprattutto in un periodo come questo, che è difficile per tanti, e in cui la cannabis può essere un ottimo rimedio per disturbi del sonno, depressione, ansie da prestazione e altre problematiche per cui spesso si fa uso di psicofarmaci». Certo, per molti sembra ancora paradossale parlare di cannabis in questi termini. C’è ancora un grosso divario fra chi ci crede e chi, invece, è ancora legato alla vecchia idea della cannabis usata unicamente come svago. «Grazie al web e all’informazione c’è più comprensione e chi si avvicina al nostro mondo è maggiormente predisposto», spiegano i fondatori, che si rivolgono a una fascia media di utenti che va dai 25 ai 50 anni. «Gli under 25 sono tagliati fuori da questo mercato, forse perché cercano un divertimento più spinto, mentre il nostro utente medio è più paziente che ludico».

Tante le richieste di acquisizione di Mama Mary ricevute dai due fratelli, che si sono sempre rifiutati di cedere la loro piattaforma. «Vogliamo che il progetto resti legato al territorio italiano e dare al nostro Paese un’opportunità». Un team tutto siciliano, dunque, che ha deciso di portare le nuove conoscenze nel proprio territorio e investire sulla propria terra. In un settore innovativo che, spesso, viene demonizzato e che invece a livello globale è valorizzato. Una bella sfida, quindi, scegliere di tornare a casa. «Qui il mercato è ancora giovane, ma per noi ha molto più valore creare posti di lavoro nella nostra terra piuttosto che a centinaia di chilometri di distanza». 


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