Vitalizi, Miccichè attende la convocazione da Roma Le criticità di un ddl che rischia di essere impugnato

«Mi hanno proposto di andare il 3 dicembre, ma è troppo tardi. A meno che loro stessi non ci dicano che potremo lavorarci fino a fine anno». A parlare è il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. Loro, invece, sono i referenti del governo nazionale. Presumibilmente il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia. La necessità di partire per la Capitale è emersa durante la seduta all’Ars di martedì scorso, quando era attesa la discussione del ddl sul taglio dei vitalizi. Tema che da mesi tiene banco tra gli scranni di sala d’Ercole, alimentando la polemica incrociata tra chi attacca i privilegi della casta e chi controbbatte parlando di demagogia

Tra questi c’è senz’altro Miccichè, che in più di un’occasione non si è tirato indietro dal difendere quelli che ritiene diritti acquisiti, per il lavoro svolto dentro al parlamento siciliano, e non certo regalie. Ed è stato proprio lui che in aula ha annunciato lo slittamento della discussione. «La trattazione è momentaneamente sospesa perché abbiamo avuto un’interlocuzione con il governo nazionale e ci sarà un incontro a Roma per capire se questo disegno di legge che è stato approvato in Commissione può essere, in qualche maniera, adottato oppure se ci chiedono di fare modifiche», si legge nel verbale. 

Nel documento viene riportata come possibile data dell’incontro uno dei giorni seguenti alla seduta all’Ars. Così però non è stato. «I tagli verranno fatti a partire dal 2020, quindi il tempo c’è, ma il governo nazionale vorrebbe che già a inizio dicembre sia tutto definito. Quindi – spiega Miccichè a MeridioNews – se dicono di poterci incontrare il 3 dicembre dovranno anche darci il tempo per votare la legge all’Ars». Al di là delle date, il pericolo all’orizzonte è che la legge siciliana possa essere impugnata. «Vogliamo senz’altro evitarlo ed è per questo che ci sarà l’incontro», sottolinea il presidente dell’Ars, dicendosi comunque sicuro sulla costituzionalità del ddl. «Qualche dubbio, semmai, può esserci sull’entità del taglio che, per me, per come è venuto fuori dalla commissione, è un po’ troppo ridotto», conclude Miccichè. Che, qualche settimana fa, per controbbattere alle pretese del M5s, aveva addirittura promesso di chiedere l’abolizione totale dei vitalizi.

Il ddl firmato da Stefano Pellegrino (Forza Italia), Antonello Cracolici (Pd) e Nicola D’Agostino (Italia Viva) rappresenta un unicum rispetto a quanto deciso nelle altre regioni. A prevedere la riduzione dei vitalizi è l’ultima finanziaria nazionale. Nel mirino ci sono le spese che le Regioni effettuano ogni mese per pagare assegni che, in molti casi, sono calcolati ancora con il sistema retributivo anziché con quello contributivo. Il primo tiene conto delle indennità percepite negli anni in cui si è svolta l’attività di deputato, il secondo invece dei contributi versati. In Sicilia, il calcolo con il sistema contributivo è stato introdotto all’epoca del governo Lombardo nel 2012 ed è per questo che da allora si parla di pensioni anziché di vitalizi. Esistono però 193 casi di assegni legati ad attività parlamentari precedenti al 2012, oltre che più di un centinaio di vitalizi di reversibilità di cui sono beneficiari gli eredi degli ex deputati deceduti.

Per Roma l’esigenza di tagliare non è in discussione ed è per questo che, per le regioni inadempienti, è stata prevista una riduzione dei trasferimenti statali. In merito all’ammontare di questa sanzione, nei mesi scorsi, si è detto che per la Sicilia si tratterebbe di circa 70 milioni. In realtà, la cifra sarebbe notevolmente più bassa ma comunque importante. Secondo un documento del Servizio Studi dell’Ars, la penale per la Regione Siciliana sarebbe di 23milioni e 200mila euro.

Ma perché il ddl siciliano potrebbe trovare l’opposizione del governo nazionale? La prima criticità riguarda la durata della legge. La proposta dell’Ars è quella di prevedere una riduzione dei vitalizi per soli cinque anni, dopo i quali, a meno di ulteriori interventi normativi, le cose tornerebbero come prima. Ciò comporterebbe per gli ex deputati la possibilità di rivedere crescere gli assegni mensili nel giro di un lustro. Inoltre, tra gli attuali deputati, chi ha un’esperienza parlamentare precedente al 2012 e scegliesse di ritirarsi dalla politica dopo lo scadere della legge, potrebbe vedersi calcolato parte del vitalizio con il sistema retributivo

Non meno importante, poi, è la percentuale del taglio. In un primo momento all’Ars è stata fissata al 12,52 per cento, per poi essere abbassata ulteriormente fino al 9,27 per cento in seguito alla decisione di sfruttare la maggiorazione che ad aprile scorso è stata prospettata dall’assemblea dei presidenti dei consigli regionali, per andare incontro ai casi in cui la riduzione del vitalizio sarebbe troppo drastica. Maggiorazione che però la commissione siciliana ha pensato di estendere a tutti, senza discrezionalità. L’assemblea dei presidenti dei consigli regionali era stata indetta per definire i contorni applicativi della proposta venuta fuori dall’intesa Stato-Regioni, quando il ribasso era stato fissato al 36,95 per cento. Da questa aliquota si era così scesi al 27,72. Percentuale ritenuta comunque troppo alta dai deputati siciliani, che confidano così di chiudere la partita al 9,27

Chi si oppone a questo ddl è il Movimento 5 stelle, il cui ufficio legislativo ha raccolto i dati dei vitalizi siciliani calcolando la previsione di spesa. «Stiamo parlando di un disegno di legge raffazzonato che rischia di essere bloccato dal governo, una presa in giro per i siciliani», commenta la deputata Angela Foti. Secondo le tabelle pentastellate, a fronte di una spesa mensile di quasi un milione per i soli vitalizi diretti, dunque senza contare gli assegni di reversibilità, il ddl proposto da Forza Italia, Pd e Italia Viva porterebbe a un risparmio di poco più di 84mila euro al mese. Una somma decisamente ridotta rispetto a quella che si recupererebbe applicando le direttive venute fuori dall’assemblea dei presidenti dei consigli comunali, secondo le quali il taglio sarebbe di oltre 253mila euro mensili.

Ma a far discutere è anche la destinazione dei fondi. Le risorse derivanti dai tagli rimarrebbero all’interno del bilancio dell’Ars, costituendo un fondo da utilizzare per le spese legali legate ai ricorsi che gli ex parlamentari potrebbero presentare per contestare la decurtazione. «Questa dei ricorsi è storia vecchia – attacca la deputata Jose Marano -. I ricorsi bisogna vincerli e non sarei così tanto certa che sarà così. Il M5s, comunque, ha presentato diversi emendamenti, proponendo di diminuire l’impegno di spesa da parte della Regione verso il bilancio dell’Ars per un importo pari ai risparmi ottenuti dai tagli, e destinare le stesse risorse alle fasce deboli della popolazione siciliana che – continua Marano – non mancano di certo. Dall’assistenza per i disabili alle borse studio per gli studenti universitari, dal contrasto alla violenza di genere ai banchi alimentari».


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