Gela, travolto da moto pirata: muore dopo sette mesi Responsabile ancora ricercato. Il figlio: «Chi sa parli»

Non ce l’ha fatta Cristoforo Di Bartolo, il pensionato gelese di 69 anni che lo scorso febbraio venne investito da una moto pirata mentre rientrava a casa, nel quartiere Settefarine, alle periferia Nord della città. 

Dopo una lunga agonia durata ben sette mesi, l’uomo è morto ieri nel reparto rianimazione dell’ospedale Vittorio Emanuele, dove era arrivato dopo il precedente ricovero alla clinica Santa Barbara, in cui è rimasto per circa un mese.
In mezzo duecento giorni di sofferenza, un mese di coma, il risveglio e una lunga riabilitazione in ben tre ospedali dell’Isola. Prima a Siracusa, poi a Sciacca nel reparto risvegli e infine il ritorno in città, prima in clinica e poi al Vittorio Emanuele. 

Un calvario senza fine segnato da profonde sofferenze, con lunghi stati di incoscienza alternati a sprazzi di lucidità e limitata deambulazione, fino al crollo definitivo.
Sette mesi di odissea che hanno profondamente segnato la famiglia di Cristoforo, che oggi si è riunita per dare all’uomo l’ultimo saluto.

Tutto comincia il 21 febbraio scorso. Sono passate da poco le 18 quando Cristoforo esce dal panificio dove si era recato ad acquistare il pane per la cena.
L’uomo accelera il passo, fa freddo ed è già buio, ha fretta di raggiungere la moglie che lo attende a casa. Dopo cena avrebbe telefonato ai figli che si trovavano fuori città. Una passeggiata come tante, la solita routine di tutti i giorni per Cristoforo che dopo una vita passata nell’edilizia, da due anni si stava godendo la pensione e l’affetto dei cinque nipotini.
Cristoforo attraversa la strada, a passo veloce sulle strisce pedonali. È in quel momento che una moto sbucata dal nulla lo prende in pieno e lo travolge. 

Uno schianto tremendo, eppure il centauro riesce a dileguarsi senza lasciare traccia, un vero e proprio fantasma di cui nessuno sembra avere neanche al minimo ricordo, nonostante a quell’ora la via fosse molto trafficata. Ai carabinieri intervenuti sul posto molti dei presenti hanno detto di non aver visto nulla, neanche la dinamica dell’incidente. Di certo, chi guidava non si è fermato a prestare soccorso.
A nulla sono valsi nemmeno gli appelli della famiglia affinchè chi avesse visto qualcosa lo dichiarasse anche in forma anonima ai militari dell’Arma. 

Nel frattempo le indagini non si sono fermate. I carabinieri hanno acquisito le immagini delle telecamere di video sorveglianza delle tante attività commerciali della zona. In mano agli inquirenti potrebbero esserci importanti elementi che potrebbero contribuire a stringere il cerchio attorno al responsabile, che oggi deve rispondere di omicidio stradale e a risolvere il mistero della sua identità. 

Per la famiglia Di Bartolo intanto, oggi è il giorno del dolore. Il figlio Massimo ci accoglie a pochi passi dalla Sala del Commiato dove amici e parenti stanno dando l’ultimo saluto a Cristoforo. Occhiali scuri a coprire il volto rigato dalle lacrime, ci chiede di non apparire di fronte alle telecamere ma ci tiene a consegnarci un nuovo appello.
«Mio padre oggi non c’è più – ci racconta – e purtroppo nessuno può portare indietro il tempo e cancellare quanto è successo. Chiedo solo a chi si è reso responsabile di tutto questo di costituirsi e di non portarsi dietro questo peso immane per sempre. Noi non abbiamo alcun rancore, gli chiediamo solo di confessare per dare un po’ di giustizia a mio padre».
E poi conclude con un appello a chi ha visto e non ha parlato: «Andate dai carabinieri, non abbiate paura».
I funerali di Cristoforo saranno celebrati domani nella chiesa San Domenico Savio.


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