Alleanza giallorossa, in Sicilia nuovo laboratorio politico? D’Agostino: «È brutto anatroccolo, ma bisogna provare»

Il nuovo governo giallorosso? «Un brutto anatroccolo, ma meglio questo che niente». Non ha dubbi Nicola D’Agostino, capogruppo di Sicilia Futura all’Assemblea regionale siciliana, a proposito della nuova compagine di governo che ieri mattina ha giurato in Quirinale. Un’alleanza di fatto che nasce dopo anni di insulti reciproci tra Pd e Movimento 5 stelle e che, in salsa sicula, non ha lasciato immune neanche il complicato rapporto tra il deputato vicino a Salvatore Cardinale e alcuni esponenti pentastellati all’ombra dell’Etna, prima tra tutti la collega in Ars Angela Foti, con cui i rapporti non sono mai stati particolarmente sereni. E se in molti azzardano stime e numeri di sala d’Ercole nel caso in cui le opposizioni si coalizzassero, ecco che i due deputati di Sicilia Futura potrebbero portare l’ala giallorossa in Assemblea a quota 33 deputati sui 70 inquilini del Palazzo.

D’Agostino, che idea si è fatto di questo nuovo governo?
«È un’operazione che capisco non convinca gli italiani, perché il nostro sistema elettorale come ha consentito il pasticcio del governo Lega-M5S, oggi permette, ahinoi, il pasticcio del governo Pd-M5S».

Insomma, non esattamente un giudizio positivo.
«Vede, io parlo di pasticcio perché non sono alleanze elettorali e, dopo aver polemizzato per mesi con l’avversario, appare incoerente e contraddittorio vederli governare insieme. Ma va anche detto che oggi questo governo è l’unica risposta possibile al pericolo di una deriva autoritaria che il Paese non può permettersi».

Ok, diciamo allora che si parte, quantomeno, con scetticismo.
«Tutti preferiremmo avere un responso chiaro che provenga dalle urne, è evidente. Detto ciò, però, aggiungo che non sarei stato d’accordo nel tornare a votare dopo un anno: il rischio era di cedere a un meccanismo pericoloso che avrebbe consentito a qualunque forza politica, per il proprio tornaconto personale, di far tornare al voto il Paese dopo sei mesi, seguendo i flussi dei sondaggi».

Quindi ci si tura il naso e si va avanti?
«Anche se è un brutto anatroccolo, meglio questo che niente. E soprattutto meglio questo che il governo precedente».

La convince la scelta dei ministri siciliani?
«Mi piace la proposta di Provenzano per il Sud, lo ricordo un funzionario competente quando assisteva Bianchi nella giunta Crocetta. Spero che questo governo dimostri una reale attenzione per le ragioni del Sud, che devono discostarsi dai soliti paradigmi clientelari, ma anche da quella filosofia che ha consentito il reddito di cittadinanza».

Sul piatto resta aperta la partita sui posti di sottogoverno e Salvini parla di mercato delle vacche.
«Salvini è un politico scadente, incompetente e che in un anno e mezzo ha messo l’Italia nei pasticci. Ha fatto cadere il suo governo perché, davanti a delle promesse incredibili che non poteva mantenere, ha scelto deliberatamente la via della fuga. Pensava di essere il più furbo di tutti e di avere accesso a un consenso plebiscitario sulla base di quelle stesse promesse che sa di non potere mantenere. Invece questa volta le Istituzioni hanno avuto la meglio».

Pensa che questa nuova alleanza di governo possa comportare dei risvolti a livello regionale?
«Nel parlamento regionale la Lega non esiste. Le opposizioni al governo Musumeci, che sono rappresentate da Pd, M5S, Sicilia Futura e Claudio Fava, si sono ritrovate laddove ci sono stati i margini anche in passato. Fondamentalmente non cambia nulla. Oggi prevale la posizione secondo cui si possa costruire un’alleanza per il futuro. A me sembra improbabile, ma il futuro è imprevedibile, fino a qualche mese fa, persino un governo Pd-Cinquestelle sembrava impossibile».

Anche perché se a livello di massimi sistemi si possono trovare delle convergenze, a livello localissimo i rancori sono spesso consolidati. Ad esempio tra lei e la deputata Foti lo scontro ad Acireale è stato spesso aspro.
«Ribadisco: in passato siamo stati su fronti completamente contrapposti, le cose che ci uniscono sono molto meno di quelle che ci dividono. Però si può anche cambiare e i cinquestelle, per il fatto stesso di essere passati da una alleanza con la Lega a una col Pd, hanno dimostrato di poter cambiare. Se rinunciano ai comportamenti massimalisti e insopportabili, ci possono anche essere le condizioni per dialogare insieme».

Questo governo arriva in un momento in cui il Pd sembrava a un passo dalla scissione. Come ricostruire adesso a sinistra?
«Il Pd nazionale era a un bivio: cercare un dialogo o portare l’Italia al voto, consegnando il Paese alla Lega. Il Pd lo ha evitato, facendo un grandissimo sacrificio, perché ci sono molti scontenti nella base in questo momento. Adesso in casa dem si sta rischiando tutto: se dovesse andare male avrebbe perso tutto, in caso contrario ci sono i margini per ricostruire».

E a sinistra del Pd?
«Se si andasse a votare, è evidente che avremmo il problema di arginare non il centrodestra, che non esiste più, ma la destra di Salvini. Davanti a questa pericolosissima prospettiva, io penso che tutto il mondo che si richiama all’associazionismo, al civismo, alle realtà sindacali… tutto il mondo alla sinistra – e aggiungo anche alla destra – del Pd dovrà fare uno sforzo di sintesi. Speriamo che questo governo riesca a piantare questi semi».

La Sicilia potrebbe essere laboratorio politico anche stavolta?
«In Parlamento dopo quasi due anni bisognerà pur fare il bilancio dell’azione del governo Musumeci, che a noi sembra assolutamente insufficiente. Ma bisognerà costruire le ragioni dell’alternativa, che non può partire solo dalla critica, ma dai contenuti. A questo le opposizioni, con senso di responsabilità, dovranno lavorare nel prossimo futuro».


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