Gela capitale dell’abusivismo, mille edifici da abbattere L’assessore: «Molti potrebbero essere di pubblica utilità»

Un migliaio di immobili, alcuni già riconosciuti con sentenze passate in giudicato e altri invece non
più sanabili. Tutti potenzialmente destinati a finire sotto procedura di demolizione

Il triste primato
delle strutture abusive tocca ancora una volta a Gela, che si conferma tra le capitali
dell’abusivismo edilizio
, almeno se si considera il rapporto tra numero di abitanti e percentuale di
strutture realizzate senza regolari autorizzazioni.
È quanto emerso da un incontro in Prefettura a Caltanissetta, durante il quale sono
stati analizzati i dati riguardanti il fenomeno dell’abusivismo edilizio nel territorio
della provincia nissena per stipulare un protocollo d’intesa per la demolizione degli
immobili irregolari
tra la Procura Generale ed alcuni Comuni della provincia
(Caltanissetta, Butera, Gela, Mazzarino, Niscemi), e che vede coinvolti anche i
Procuratori distrettuali per ripristinare la legalità. 

Ancora una volta è la cittadina gelese ad evidenziare le maggiori criticità, anche se
il fenomeno è presente in quasi tutti i comuni del libero consorzio. Numeri elevati per
una città che negli anni ’70 divenne di fatto la capitale dell’abusivismo dell’Isola. È proprio in quel
periodo infatti, in pieno boom economico, che in gran parte della periferia Nord della Città esplose
il mattone selvaggio
che portò ad un’espansione incontrollata di cui ancora la città porta i segni. 

Stessa situazione che si può ancora riscontrare anche nella frazione balneare di Manfria dove, a
partire dagli anni ’80, cominciarono a proliferare villette prive di autorizzazioni, in pieno demanio
marittimo, anche a poche decine di metri dalla spiaggia.
In Prefettura adesso vengono fuori i numeri, sconfortanti per certi versi. Un migliaio gli immobili
potrebbero essere sottoposti a demolizione, un numero già molto elevato, ma che comunque
potrebbe crescere ulteriormente. 

Un primo sommario conteggio l’hanno fatto i tecnici del Comune, rispondendo alle richieste
che da mesi ormai arrivano sia dai magistrati della procura che dai funzionari della prefettura di
Caltanissetta. Numeri confermati per sommi capi anche dal neo assessore ai Lavori Pubblici e
all’Urbanistica Ivan Liardi, presente in Prefettura assieme al sindaco Lucio Greco: «Gli immobili
già individuati sono circa un migliaio – conferma – adesso però bisogna capire come possiamo
intervenire. Molti di questi edifici infatti potrebbero essere dichiarati di pubblica utilità, ma per
ciascuno di loro vanno valutate le condizioni». 

L’assessore Liardi fa riferimento a quanto disposto dal Testo Unico per l’edilizia che prevede che il
Comune possa, con apposita delibera del consiglio, dichiarare l’opera abusiva di prevalente
interesse pubblico
, ma a patto che non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico. Se così non è, l’immobile non può più essere demolito. È il
caso, ad esempio, in cui il Comune, per evitare la demolizione di un palazzo, decida di spostarvi, al
suo interno, qualche ufficio, così impedendone l’integrale demolizione. Attraverso l’utilizzazione pubblica, quindi, si consente alla pubblica amministrazione di salvare un immobile abusivo che,
altrimenti, il privato sarebbe costretto a demolire.

In città, negli ultimi anni di demolizioni ce ne sono state davvero pochissime, tranne qualche
intervento sporadico avviato dalle precedenti amministrazioni. Il più delle volte in Comune si sono riscontrate
notevoli difficoltà nel reperire i fondi, ma anche nell’individuare imprese disponibili a effettuare i
lavori di abbattimento degli edifici non in regola.
Il problema rimane l’assenza di un regolamento generale che possa dettare regole precise. L’unico
punto fermo al momento è che se non ci sarà la dichiarazione di pubblica utilità, non potranno
esserci soluzioni alternative alla demolizione. 

Una bozza di regolamento in realtà esisterebbe, dimenticato nei cassetti del settore Urbanistica,
come conferma Francesco Salinitro, ex assessore all’Urbanistica della giunta Messinese, sfiduciata lo
scorso settembre: «Nella scorsa sindacatura portammo all’attenzione dei componenti della
commissione urbanistica un regolamento che facesse chiarezza sull’eventuale dichiarazione di pubblica utilità degli immobili, soprattutto di quelli dove continuano a vivere intere famiglie
conferma l’ex assessore – purtroppo però non si arrivò a un’intesa e i lavori in aula procedettero
con molte difficoltà, rendendo quel regolamento lettera morta. Oggi Procura e prefettura, però, attendono segnali concreti – conclude Salinitro – e quindi non
posso che consigliare all’amministrazione Greco di riprendere in mano quella bozza
e riproporla in consiglio comunale». 

L’approvazione del regolamento supererebbe una enorme omissione: la mancata demolizione di centinaia di
edifici (almeno gli scheletri non abitati) per i quali la magistratura ha emesso ordinanza di
demolizione
, con sentenza passata in giudicato. Se non lo fa il proprietario ci dovrebbe pensare
l’amministrazione comunale, che però non ha soldi.
In sostanza il cane che si morde la coda. 

L’ultimo vero grande intervento anti abusivi in città risale
al lontano 2012, quando l’allora procuratrice Lucia Lotti avviò l’operazione Repulisti nei quartieri
della periferia nord della città e nel rione San Giacomo. In soli due giorni vennero apposti i sigilli a
tre nuove costruzioni senza licenza e a otto sopraelevazioni di fabbricati già sottoposti a sequestro.
Ma anche allora non si procedette alla demolizione per la carenza di fondi disponibili da parte del
Comune.
Un problema atavico che da tempo gli amministratori hanno sottoposto ai governi regionale e
nazionale e che è arrivato fino ad oggi senza ottenere risposta.


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