Lampedusa, si chiude la due giorni di Amref «Il nostro grazie a questo popolo che accoglie»

«Lampedusa è un’isola straordinaria, i suoi cittadini hanno un grande cuore: a loro va il nostro ‘grazie’ per ciò che hanno fatto e che continuano a fare». Lo ha detto Githinji Gitahi, segretario generale di Amref Health Africa, al termine della visita sull’isola della delegazione internazionale della più grande organizzazione sanitaria africana che opera nel continente. «L’umanità è un valore e un diritto da proteggere – ha aggiunto Gitahi – se ad una sola persona viene negata, viene negata a tutti».

La visita, che si è svolta lo scorso fine settimana, è stata organizzata nell’ambito del progetto comunitario «Snapshots from the Borders» del quale il comune di Lampedusa e Linosa è ente capofila e Amref è partner di progetto. La delegazione, composta da 10 persone fra le quali i direttori di Amref Uganda, Sud Sudan, Etiopia, Olanda ed il presidente di Amref Health Africa – Italia Mario Raffaelli, è stata accolta dal sindaco di Lampedusa e Linosa, Totò Martello.

«La presenza dei delegati Amref ha rappresentato un importante segnale di attenzione per la nostra comunità – ha detto Martello – Le politiche di accoglienza ed integrazione possono e devono partire anche ‘dal basso’, dalle amministrazioni locali».

I delegati dell’organizzazione africana hanno incontrato gli esponenti dell’amministrazione comunale e i rappresentanti della comunità locale (Forze dell’Ordine, associazioni di assistenza e di accoglienza, Chiesa cattolica). All’incontro ha partecipato anche Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa che è appena stato eletto al Parlamento Europeo.

La visita ha poi toccato alcuni luoghi simbolo di Lampedusa fra i quali la Porta d’Europa, il cimitero delle barche (dove stazionano numerose imbarcazioni utilizzate per le traversate), lo specchio di mare di fronte la costa dell’isola nel quale il 3 ottobre del 2013 c’è stato uno dei più gravi naufragi di migranti del Mediterraneo (è stata deposta in mare una corona di fiori) e le tombe dei migranti sepolti sull’isola, molte delle quali senza nome.

«È stato importante mostrare ai nostri colleghi africani, che hanno l’incarico ogni anno di assistere milioni persone in Sud Sudan, Etiopia, Uganda ed altri Paesi del continente, il luogo di approdo dei migranti, i rottami delle barche con cui essi sono arrivati – ha detto Guglielmo Micucci, direttore dell’organizzazione -. Nei loro occhi abbiamo visto commozione e dolore. Quel dolore che non fa distinzioni, che non ha confini».


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