«Il successo della Lega? Travaso interno al centrodestra» L’analisi della politologa sui risultati siciliani delle Europee

Il Movimento 5 stelle ha vinto, perché «primo partito dell’isola», ricordano i deputati pentastellati. La Lega ha vinto perché è passata dal 5 per cento delle Politiche di un anno fa al 21 delle Europee. Ma anche Forza Italia ha vinto, perché, sottolinea Gianfranco Micciché, «al Sud doppia i risultati rispetto al Nord e in Sicilia raggiunge quello migliore col 17%». Tuttavia anche il Pd può dire di aver vinto, trascinato da Pietro Bartolo, avendo migliorato di cinque punti percentuali il risultato di un anno fa. Come spesso accade all’indomani di una tornata elettorale, tutti rivendicano la bontà del proprio risultato. 

Ma alla fine in Sicilia chi ha vinto davvero? «Possiamo dare tre certezze – analizza la politologa Sara Gentile, docente di Scienza politica all’Università di Catania e professoressa invitata al centro di ricerca Cevipof (SciencesPo) di Parigi – la Lega al 21 per cento nell’Isola è sicuramente una grandissima affermazione, considerato che ha cominciato a radicarsi al Sud appena un anno e mezzo fa. Secondo: il tentativo di Di Maio di smarcarsi da Salvini, richiamando l’idea di un movimento in ascolto della gente, ha funzionato a Sud e non al Nord. Terzo: la Sicilia tende sempre a destra». 

Professoressa, guardiamo i numeri: in Sicilia hanno votato 690mila persone in meno delle Politiche. Il Movimento 5 stelle ha perso 600mila voti. Forza Italia ne ha persi 200mila e la Lega ne ha guadagnati 200mila. Il Pd ha mantenuto circa 255mila voti, nonostante l’astensionismo. I voti a Salvini sono frutto di un travaso interno al centrodestra?
«A prima vista sembrerebbe proprio di sì: un elettorato che ha lasciato Forza Italia e che è andato alla Lega. È stato abile Salvini a trasformare questa tornata elettorale in un referendum sulla sua persona. Mentre il Movimento 5 stelle è stato il partito più falcidiato dall’astensionismo».

L’Italia è spaccata in due: con la Lega primo partito in tutto il centro nord ad esclusione della Toscana, e il Movimento 5 stelle primo a Sud. I pentastellati rischiano di diventare il partito del Mezzogiorno?
«Non credo, ma il tema della lotta alla povertà è certamente più sentito a Sud. Il Sud è ancora affamato di questa promessa. Alle persone comuni interessa poco se Di Maio firma o meno il decreto sicurezza bis o se combatte per i diritti dei migranti. Come è stato per tanti anni per Forza Italia, in Sicilia interessa più se si riuscirà a fare qualcosa per il lavoro e contro la povertà. Certo, visti i risultati, non vedo uno scenario roseo per il governo gialloverde».

Ci dica la sua previsione.
«I Cinque stelle rimarranno al governo cercando di ritagliarsi spazi per evitare di rimanere stritolati dalla Lega. Ma questo provocherà problemi, il conflitto con Salvini delle ultime settimane non si attenuerà, tutt’altro. E il leader della Lega, visto che ha stravinto, non so quanto rimarrà in questa situazione. Diciamo che al governo non do più di un anno di vita».

Il Pd regge e migliora il suo risultato. Ma guardando ai risultati degli altri attori del centrosinistra e della sinistra, sembra esserci il deserto. A chi deve guardare il Pd per tornare a essere forza di governo?
«I numeri sembrerebbero dire che l’unica forza a cui guardare sia il Movimento 5 stelle, o una parte di esso. Il Pd deve mantenere alcuni punti fermi: la riduzione delle diseguaglianze, la ridistribuzione della ricchezza, l’attenzione costante all’impoverimento dei ceti medi, la difesa dei diritti umani, anche nella gestione dell’immigrazione. Fissati questi paletti, non esiste una purezza da salvaguardare. E vanno fatte alleanze sulla base di alcuni principi e battaglie. Gli obiettivi di un partito mutano a crescono al mutare della società».

Cinque anni fa celebravamo il 40 per cento di Renzi alle Europee. Anche Salvini corre lo stesso rischio? Non esiste più un elettorato stabile?
«L’elettorato è volatile da anni. Dai partiti di massa siamo passati ai partiti pigliatutto, dove non occorre militanza né senso di appartenenza, dove si è abbassato il tasso ideologico per pescare in diversi strati sociali. Sono gli stessi partiti a incentivare un elettorato sempre più sganciato. La prima Lega, quella di Bossi, in qualche modo conserva alcune caratteristiche del partito di massa, tanto che il primo statuto ricalca alcuni elementi del partito comunista: l’attenzione al rapporto col territorio, un giornale di partito, la ricerca di un dialogo con gli elettori porta a porta. Nell’ultimo periodo la Lega in Sicilia ha aperto molte sezioni e subito Salvini ha mandato un coordinatore da fuori, per provare a radicare quel modo di intendere il partito. Vedremo se funzionerà».


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