Amministrative, M5s e Miccichè: il bilancio della Lega «Forza Italia maleodorante, a Gela un nuovo Nazareno»

Forza Italia? «Quella siciliana di Miccichè è maleodorante, a Gela governeranno col Pd in un nuovo Nazareno, auguri». Musumeci? «Vorrei che assorbisse la linea della Lega nel suo lavoro». Carroccio senza sindaci in Sicilia? «Siamo soddisfatti perché non abbiamo accettato soluzioni di comodo». Stefano Candiani, commissario della Lega in Sicilia, traccia il bilancio delle Amministrative. Ma la conferenza stampa catanese in una sala dell’hotel Excelsior piena di militanti più che di giornalisti, serve anche ad arginare le frizioni interne al partito che, dopo le Europee, rischiano di diventare vera e propria resa dei conti. E per rivendicare «una coerenza politica» nel rinunciare ad apparentamenti ai ballottaggi e discontinuità rispetto a «un modo di fare politica che ha predato la Sicilia». Attorno a lui l’assessore catanese Fabio Cantarella, il neosindaco di Motta Sant’Anastasia, primo cittadino eletto in Sicilia tra le fila della Lega (seppur senza simbolo) Anastasio Carrà, il candidato sconfitto a Caltanissetta Oscar Aiello e il coordinatore provinciale del Messinese Matteo Francilla.

Brucia ancora la sconfitta nei due ballottaggi di domenica scorsa: a Gela Giuseppe Spata, alla guida di una coalizione di centrodestra, superato da Lucio Greco (sostenuto dall’asse Pd-Forza Italia senza simboli), e a Mazara del Vallo Giorgio Randazzo superato dal civico Salvatore Quinci. Il biscotto coi Cinque stelle, cioè un informale sostegno reciproco (i grillini per Spata a Gela, in cambio dell’appoggio dei leghisti al candidato pentastellato Roberto Gambino, poi eletto, a Caltanissetta) non c’è stato. Lo dicono i numeri, in particolare il forte astensionismo a Gela, dove sei elettori su dieci sono rimasti a casa, compresi evidentemente quelli del M5s. Così, alla domanda se, numeri alla mano, non si sentano presi in giro dagli amici-nemici del Movimento, è Aiello, il candidato leghista a Caltanissetta, a rispondere: «Noi – sottolinea sorridendo – siamo stati seri. Se poi il nostro elettorato ha risposto in un certo modo (cioè preferendo il grillino Gambino, ndr) forse la colpa è del candidato del centrodestra. Avevamo chiesto le primarie, non hanno voluto farle, questo è il risultato». Resta la sconfitta amara di Gela. «Abbiamo rotto gli schemi – analizza Candiani – spingendo gli altri a fare cose contro natura, cioè un nuovo Nazareno, la difesa della casta». 

Duro il lavoro del coordinatore inviato da Salvini «per impedire che qualcuno snaturi la Lega», viste le evidenti spaccature interne al Carroccio nell’Isola, tra la vecchia guardia – il deputato Alessandro Pagano regista delle Amministrative nel nisseno e il catanese Angelo Attaguile candidato alle Europee – e i più giovani. Ma anche tra il nuovo uomo di punta in Sicilia occidentale, Igor Gelarda, e il catanese Cantarella. «Qualsiasi competizione – ammette Candiani – si traduce in confronti serrati, non siamo alieni da protagonismi, a volte – bacchetta – anche esagerati. Ma si vince con il gioco di squadra. Al momento, tutti i rematori hanno i remi in acqua e vogano, ma a dare la direzione non sono i singoli». Tuttavia, non tutti i rematori sono graditi al coordinatore della Lega. Il riferimento è al sostegno che la famiglia Genovese sta dando ad Attaguile nella corsa a Bruxelles, «in nome dell’amicizia», ha precisato recentemente il giovane deputato Luigi. «Avvicinamenti come quello di Genovese sono sgraditi – ribadisce oggi Candiani – non vogliamo curricula politici che si mescolano con quelli penali, come nel caso di Francantonio. Genovese porti i suoi voti a Miccichè». 

Ed è proprio al presidente dell’Ars, strenuo nemico di un’alleanza di Forza Italia con la Lega, che Candiani riserva le parole più dure: «Un partito in destrutturazione, l’esempio di Forza Italia qui non è virtuoso, anzi è maleodorante. Basta vedere come Miccichè si è comportato col sindaco Pogliese, facendo saltare all’Ars un emendamento sul dissesto di Catania solo per fare un dispetto. Se questo è un modo di fare politica…». Ma le risposte sul default del Comune etneo si aspettano anche da Roma e tardano ad arrivare, mentre i servizi di welfare cominciano a saltare e gli stipendi di migliaia di dipendenti arrivano in forte ritardo. «È vero, è tardi – ammette Candiani – stamattina ho incontrato sindaco e prefetto. Abbiamo messo un paletto al salva Roma, dicendo esplicitamente che se si fa qualcosa va fatta anche per Catania e per gli altri Comuni in dissesto. A Catania, finora, c’è stata una gestione garbata del problema, e ho rispetto di questo perché se esplodessero esasperazioni sarebbero comprensibili. Le cose da fare – proroga sui mutui, anticipi – sono ammissibili e serve un provvedimento in Consiglio dei ministri». Quindi, l’attacco agli alleati di governo: «Vorremmo che anche per il Movimento 5 stelle fosse chiaro, anziché rallentarci. Devono capire che Catania non è una questione politica della Lega».  

Salvini tornerà in Sicilia il 23 maggio, in occasione delle celebrazione della strage di Capaci. Ad appena tre giorni dalle Europee, spartiacque anche per la giunta regionale di Musumeci. «Ho un debito di riconoscenza nei confronti di Salvini», ha detto qualche mese fa il governatore. Un debito che potrebbe estinguere con l’ingresso di un assessore leghista nel governo regionale. «Un debito si trasferisce in una persona fisica? Boh, non mi convince – conclude Candiani – preferisco la proposta politica». E nell’attesa che il presidente si decida se lanciarsi alla conquista del centro (come aveva annunciato) o se stringere un’alleanza con la Lega, Candiani chiosa: «La monogamia è un valore aggiunto».


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