Enna, truffa sui fondi europei per le strade interpoderali Finanza: «Così imprenditori onesti sono rimasti esclusi»

Con quei soldi molti altri piccoli imprenditori agricoli avrebbero potuto realizzare dei lavori per rendere l’accesso alle loro aziende più dignitoso e funzionale. A questo servivano i finanziamenti europei del Programma di Sviluppo rurale su cui, secondo la Guardia di finanza di Enna, 43 persone avrebbero lucrato, organizzando una mega truffa. Fondi finalizzati alla realizzazione e al rifacimento di strade interpoderali della provincia di Enna per agevolare il comparto rurale, in profonda crisi, anche a causa di un sistema di viabilità colaborodo. E invece un gruppo di operatori economici sul territorio di Nicosia, Gagliano Castelferrato, Villadoro, Nissoria, Leonforte ed Assoro, appositamente consorziati in Associazioni interpoderali, committenti dei lavori, avrebbero gonfiato i bilanci, dichiarando fatture per operazioni inestistenti, e sottraendosì così al fisco. 

Le indagini sono state condotte dal comando provinciale della Guardia di finanza di Enna, nucleo gruppo di Enna e tenenza di Nicosia, e coordinate dalla Procura di Enna. Sono stati indagati 43 soggetti per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, auto riciclaggio, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Gli imprenditori, con la complicità delle imprese esecutrici delle opere, sono risultati autori di una consistente truffa aggravata a danno della Comunità europea, con conseguente danno all’erario quantificato in oltre quattro milioni di euro.

L’operazione, denominata Ruris, ha fatto emergere «sistematiche condotte delittuose volte al conseguimento di erogazioni pubbliche per lo più di origine comunitaria, mediante il ricorso all’emissione ed all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti». In particolare, attraverso le false fatturazioni, i soggetti coinvolti avrebbero tentato di giustificare i costi sostenuti per le opere interpoderali per poi ottenere i fondi comunitari, gonfiando così contabilmente le passività d’azienda e sottraendosi ad una regolare tassazione, certificando prestazioni di servizi e cessioni di beni mai avvenute o eseguite in modo non conforme rispetto all’entità dei finanziamenti comunitari e nazionali percepiti. La Finanza precisa che «tale condotta sistemica ha di fatto danneggiato altri operatori onesti», che «non sono riusciti ad ottenere i finanziamenti richiesti, non trovando capienza nelle somme stanziate dal programma di sviluppo rurale (2007-2013)». 

Il denaro accumulato sarebbe stato reimpiegato mediante la costituzione di fondi neri in modo da occultarne la provenienza, configurando, in tal modo, anche il reato di auto riciclaggio. Le indagini delle Fiamme Gialle si sono concluse con il sequestro di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie riconducibili agli indagati, per oltre cinque milioni di euro, considerati il profitto dei reati commessi. Si è inoltre accertata un’evasione fiscale di 2,5 milioni di euro sottratti all’imposizione diretta e indiretta.


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