Caso Diciotti, come voteranno i deputati M5s siciliani Scelte di riservatezza, fiducia in Salvini e astensionismo

Un sì per dire no, un no per dire sì. Il dilemma dentro al Movimento 5 stelle, che dalle 10 alle 19 di oggi darà parola ai propri iscritti per decidere cosa fare sul caso Diciotti, pare emergere dallo stesso quesito proposto a quanti avranno la possibilità di votare sulla piattaforma Rousseau: «Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?», è la domanda. In tal senso – ed è lo stesso blog ufficiale del M5s a esplicitarlo – con il si negherà l’autorizzazione a procedere al tribunale dei ministri nei confronti del ministro degli Interni, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona per quanto accaduto a bordo della nave della guardia costiera rimasta bloccata al porto di Catania ad agosto scorso; mentre se si voterà no si sosterrà la possibilità di lasciare ai giudici la valutazione dell’operato del capo del Viminale. 

E mentre a ironizzare sulla formulazione del quesito è stato ieri anche Beppe Grillo, con un post in cui attinge dalla letteratura e dalla psicologia – «siamo tra il Comma 22 e la sindrome di Procuste» -, sul web in molti tra gli attivisti pentastellati hanno scelto di rendere nota la propria intenzione di voto. Lo stesso non si può dire, invece, tra i 20 parlamentari regionali siciliani che, non avendo l’incombenza della votazione ufficiale come i colleghi al Senato, potranno dare il proprio contributo alla formazione della decisione della base del Movimento in qualità di semplici iscritti. 

Sono però pochi quelli che si sbilanciano. A riprova di come il tema abbia un’importanza e risvolti che potrebbero andare oltre la questione Diciotti: dai rapporti con la parte di elettorato che ha sempre dato per certo che qualsiasi politico – nonostante stavolta in ballo non ci sia l’immunità parlamentare ma la richiesta di un processo per un reato commesso nell’esercizio delle funzioni di governo – debba essere giudicato senza usufruire di alcuna tutela speciale; dall’altra la solidità dell’alleanza con la Lega che, in caso di concessione dell’autorizzazione a procedere e con le Europee dietro l’angolo, non è escluso che possa iniziare a essere messa in discussione.

Così se Giampiero Trizzino e Valentina Palmeri ricordano che «il voto è segreto», Salvatore Siragusa si limita ad assicurare che «voterà secondo coscienza», e Antonio De Luca e Stefania Campo preferiscono non rivelare nulla per evitare che gli attivisti subiscano «da parte dei portavoce alcun tipo di influenza», la prima a esporsi in maniera netta è l‘acese Angela Foti, che afferma di essere d’accordo con la negazione dell’autorizzazione ai giudici. «Salvini in questa scelta, dolorosa per quanto sia stata, ha esercitato il mandato elettorale che gli elettori ci hanno dato, ovvero richiamare gli Stati europei a prendere coscienza, e non ha messo a repentaglio la vita di nessuno dato che la nave era in un porto con tutta la assistenza del caso – dichiara a MeridioNews la deputata -. Per questo il ministro deve essere tutelato da un processo». Di avviso simile anche il trapanese Sergio Tancredi. «Il voto è segreto ma posso dire che io sono per la netta separazione tra i poteri – attacca il deputato pentastellato -. La gestione del caso Diciotti è stata un’azione politica in un momento storico in cui il Paese è stato lasciato solo dai partner europei. Altrimenti è la magistratura a fare politica».

Più equidistante, invece, la posizione del deputato agrigentino Matteo Mangiacavallo, che si sofferma sul dietrofront di Salvini. Il capo del Viminale, infatti, in estate aveva dichiarato di non temere di andare in tribunale, salvo poi chiedere qualche settimana fa di non votare l’autorizzazione, mentre negli ultimi giorni ha fatto appello alla libertà di coscienza. «Ho fiducia nell’operato dei giudici e credo che se si è nel giusto non bisogna mai sottrarsi alle indagini – commenta -. Se Conte, Toninelli e Di Maio dovessero essere indagati sono sicuro che rinunceranno all’immunità, Salvini avrebbe dovuto mantenere la prima parola data». Tuttavia Mangiacavallo resta propenso per l’astensione. «Il quesito riguarda l’avere agito nell’interesse dello Stato. Se mi si pone questa domanda non posso esprimermi contro, perché ad avere agito è il governo che sostengo e io sono certo – conclude il deputato – che ogni azione di questo governo sia fatta nell’interesse generale».


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